Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Narrata con la tecnica del flashback, la storia di Hans Epp, aspirante meccanico, costretto dalla madre a studiare contro la sua volontà, arruolatosi nella Legione Straniera per una delusione amorosa, poliziotto espulso dal corpo per condotta immorale (è stato sorpreso a fare sesso con una prostituta, durante le procedure d’arresto), successivamente finito a fare il fruttivendolo ambulante, insieme alla moglie, una donna molto diversa da lui, caratterialmente e fisicamente. Hans si sente vivo nel trascinare il suo carretto per i cortili squallidi della sua città e perché ha un gruppo di amici che, al bar, ascoltano bevendo le sue storie. Quando la moglie va a cercarlo alla taverna, dove lo trova ubriaco, Hans la picchia e questa l’abbandona. Rimasto solo, Hans si sente male e finisce in ospedale. La moglie, dopo una scappatella con uno sconosciuto, torna con lui, ma Hans, malato di cuore, non può più fare lo sforzo di tirarsi dietro il carretto e deve assumere un operaio. A questo punto, l’uomo, grazie ai buoni guadagni, si riscatta agli occhi della famiglia d’origine, che l’ha sempre considerato (con l’eccezione della sorella Hanna) la pecora nera, ma cade in depressione perché non si sente più indispensabile alla sua attività lavorativa. Hans esce volontariamente di scena con una bevuta colossale che lo conduce alla morte. Detta così, la trama può anche sembrare banale, ma con questo personaggio Fassbinder anticipa sia certi perdenti descritti da Werner Herzog (soprattutto lo Stroszek della relativa “Ballata”) sia certi suoi personaggi melodrammatici, come la Martha del film omonimo. “Il mercante delle quattro stagioni” è forse il primo film nel quale il regista bavarese porta alle estreme conseguenze, ed allo stesso tempo raffreddando brechtianamente, la lezione del melodramma sirkiano: se tecnicamente “Martha” costituirà un passo avanti per Fassbinder, questo film è forse più appassionato e sentito dal regista. E la Irm Hermann del “Mercante” non è meno brava della Margit Carstensen di “Martha”.
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