Regia di Ayse Toprak vedi scheda film
LOVERS FILM FESTIVAL - TORINO LGBTQ VISIONS 2017
Ayse Toprak, attraverso un falso documentario legato a fatti realmente accaduti, ma raccontati appunto sotto forma di una sorta di mockumentary povero, essenziale, condizionato dalla ristrettezza di mezzi dilagante e coerente col contesto sociale di provenienza, ci racconta di come un gruppo di giovani profughi soriani, in parte stanziati nella capitale turca, si prodighino con tutte le loro forze per iscriversi al concorso per la proclamazione di “Mr. Gay world”, inviando alle finali, che si terranno poco tempo dopo nell’isola di Malta, anche un rappresentante della comunità siriana, oppressa da una guerra devastante e minata di ogni libertà di espressione e possibilità di libero arbitrio. Il concorso per l’aggiudicazione del rappresentante siriano si tiene, per necessità e forza di cose, in un locale gay di una associazione simil Arci a Istanbul. Il prescelto tra i partecipanti, frutto di una accurata ma solidale selzione, è un giovane parrucchiere trasferitosi a lavorare nella capitale turca, costretto dalla famiglia a sposare una concittadina, dalla quale ha avuto pure una bambina, che ama con un sentimento di tenerezza più materno che come un vero padre di stampo islamico.
Dal momento della sua elezione a Mr. Gay Syria, le vicissitudini per poter ottenere i visti in grado di farlo sbarcare per tempo a Malta onde partecipare alla gara mondiale, mobiliteranno un gran numero di volontari, anche da Berlino, sogno e meta agognata di ognuno dei partecipanti alla simbolica manifestazione pro Syria, desiderosi di muoversi e di contribuire all’affermazione della causa a favore di quel paese tanto martoriato, e a favore della condizione della comunità LGBT, particolarmente vessata in quei territori disagiati e instabili. Non sarà un sucesso, almeno in termini concreti di raggiungimento della meta tanto agognata: ma la missione impossibile, soffocata da una burocrazia dilagante ed oppressiva di visti richiesti e non concessi, riuscirà a far parlare di sé e a mobilitare un richiamo mediatico forte e solidale.
Ecco dunque un documentario povero, finanziato anche grazie ad una specifica sensibilizzazione sul web e manifeste e deliberate volontarie raccolte fondi tra le varie associazioni, costruito e mosso dall’orgoglio di veder rivendicato uno status ed una condizione che vede la comunità gay perennemente vittima succube inerme di violenze, rilanciandone anche l’inedito ruolo intraprendente e coraggioso, e dunque risoluto, di organizzatori di soluzioni concrete, talvolta pure eccentriche, foriere di piccoli importanti passi avanti per una rivendicazione orgogliosa e pacifica del proprio status e delle proprie dignità.
Ne scaturiscono soprattutto singoli ritratti di sofferenze e prevaricazioni, anche già a livello familiare, che trasmettono una contagiosa empatia nei confronti di tutte queste vittime di vessazioni e intimidazioni: ma il documentario sa anche guardare al lato più disinvolto del sapersi opporre, ostentando quella allegria e quella capacità di perdono e rassegnazione che nobilitano l’uomo e ne accentuano i tratti più umanamente eroici.
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