Regia di Bruce Thierry Cheung vedi scheda film
Il deserto americano, le rovine di una cittadina un tempo fiorente e un lago destinato lentamente a scomparire. Un luogo-non luogo, di cui non sappiamo nulla, ma di cui sappiamo che gli uomini adulti, quasi sempre padri di famiglia, un bel giorno se ne vanno, per non tornare mai più. Per i figli che lasciano, adolescenti, "sono andati sulla Luna", come fossero delle specie di eroi quando in realtà, tutti, fuggono dalle proprie responsabilità. Quello che rimane è quindi polvere e vento, case vuote, assenze, donne adulte perdute e sole e adolescenti smarriti, fra la speranza di veder tornare il genitore e l'inquietudine per un futuro fumoso e in cui, chissà, anche loro "partiranno per la Luna". Cheung, amico di James Franco, che gli produce questo esordio e fa pure un cameo, dirige questo film sfuggente e misterioso cercando di rinforzarlo con una visione cinematografica potente e bella, struggente e calda, a cui non rinuncia mai, in ogni inquadratura di questi ottanta minuti. Forse esagera un po', a tratti sfiora l'effetto videoclip e la patinatura, il voler essere "indie" e "cool" a tutti i costi, ma va bene così. Per il resto, la trama è esigua, quasi inesistente, fra un personaggio principale (che fisicamente pare un giovane Obama) che prova a capirci qualcosa, s'innamora, s'inguaia, cazzeggia, fino a un finale un po' appiccicoso (di zucchero). Attorno a lui, il paesaggio di cui sopra, che è l'attore principale, suvvia, e un'altra serie di mocciosi, tutti più o meno incazzati, tutti più o meno tristi. Non so, il film in sé è evidentemente buon Cinema, Cheung ha delle prospettive, ma il tutto mi pare girare un po' a vuoto, anche se vorrei concedermi un po' di tempo, per digerirlo. Intimista, senz'altro, ma ma forse fin troppo.
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