Regia di Richard Eyre vedi scheda film
Non esiste la verità vera. Quando ad essere in conflitto sono più parti, arrivare ad una conclusione che possa definirsi accettabile per più di una di queste, è impresa impossibile. Considerando che, in questo specifico caso, le tre parti in causa sono la legge, la scienza e la religione, è lecito dedurre che diventa aspra già la sola comparazione tra le stesse.
Quando ad essere messa in discussione è la sopravvivenza di un essere umano, il suo diritto alla vita, ci si interroga su quanto la possibilità di esprimere il libero arbitrio sulla propria esistenza, sia poi così lecito al cospetto di quella stessa legge che, in egual misura, ha il dovere di tutelare quel diritto.
La maestria del regista sta nel prendere, fin da subito, le distanze dalla diatriba. Per tutta la durata della messa in scena non esprime, neanche per errore, il minimo giudizio personale. Non ci sono dialoghi ne immagini in cui un argomento sembra prevalere sull’altro.
Richard Eyre crea un equilibro tra le parti che non induce neanche lo spettatore a prendere una posizione netta; lo rimbalza da una verità all’altra, privandolo anche della possibilità di dubitare delle altrui ragioni o piuttosto di alimentare le sue logiche.
Ad alimentare il potere intrattenitore di questa notevole pellicola, ci sono Emma Thompson e Stanley Tucci. La complicità tra i due attori, in certi momenti, è talmente intensa da essere percettibile. Seppur testimoni consapevoli della notevole prova di Tucci, la Thompson è l’anima di questo film. Lo è attraverso i gesti, gli sguardi, i sorrisi mancati e il dolore velato e mai vissuto.
E proprio quando inizi a pensare che tutta questa “compostezza” non è poi così necessaria, ecco che arriva il finale. E che finale. Tutte quelle emozioni non vissute, accennate ma non compiute, si sono accumulate e si scoprono contemporaneamente negli ultimi minuti della pellicola. Lo spettatore viene investito da un turbinio di sensazioni, amplificate dalla convinzione di assistere ad un film talmente super partes da non poter essere anche emozionale.
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