Regia di Michelangelo Antonioni, Wim Wenders vedi scheda film
«Bel regista Antonioni! Ci ha un Flaminia Zagato... una volta sulla Fettuccia de Terracina m'ha fatto allungà er collo» (da Il sorpasso, 1962, di Dino Risi).
Secondo me l'operazione di Al di là delle nuvole è, almeno parzialmente, a carattere ironico. Non sarebbe spiegabile altrimenti sentire dialoghi contenenti frasi del tipo «mi piacciono i tuoi occhi: sono talmente privi di tutto... tranne che di dolcezza» e via di seguito. Non si spiegherebbe altrimenti neanche il fatto che un regista glorioso come Antonioni si fosse rimesso in gioco, ultraottantenne ed a più di tredici anni dall'ultimo film, con un prodotto simile, benché stimolato da un altro genio ormai esaurito come Wim Wenders.
L'unico episodio che desta un certo interesse, nel senso che, seppure non eccelso, si distingue nel piattume generale, è l'ultimo, quello dell'amore di un giovane sicuro di sé per un'aspirante novizia. Ma gli amori inespressi raccontati dal vecchio Maestro non trovano una forma accettabilmente spettacolare.
Al di là delle nuvole, per me, vale una sola stellina. Perché, allora, gliene do due? Ovviamente per Sophie Marceau, che ne vale almeno una da sé sola.
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