Regia di Michelangelo Antonioni, Wim Wenders vedi scheda film
Generalmente, il penultimo (ma l’onestà ci indurrebbe a giudicarlo l’ultimo, perché l’episodio di Eros non rende giustizia al maestro) film di Michelangelo Antonioni non è molto apprezzato. Antonioni tornò alla regia dopo tredici anni e un devastante ictus che lo privò dell’uso della parola (in questo periodo riuscì solo a girare uno spot della Renault e un memorabile videoclip per Gianna Nannini, Fotoromanza). Si così fece aiutare da Wim Wenders (regista che già diede prova della propria generosità con l’ultimo film di Nicholas Ray) e mise su una storia senza storia sicuramente lontana dai suoi tempi migliori, ispirata alla serie di racconti Quel bowling sul Tevere che scrisse nel corso del silenzio cinematografico.
Pur rispettato in quanto sofferto ed impegnativo lavoro di un vecchio maestro malato e seminale (quanti registi o presunti tale considerano Antonioni il proprio totem), il film fu bistrattato dalla maggioranza dei critici e poco compreso dal pubblico, nonostante non lo meritasse davvero (e non sono assolutamente suggestionato dall’imponente figura dell’autore). Attraversato dalla figura di un regista (John Malkovich) che racconta quattro storie d’amore ambientate in quattro città diverse, due italiane e due francesi, il collage riflette sulle conseguenze dell’amore e sull’incomunicabilità sentimentale (summa del pensiero antonioniano, insomma), abbondando sicuramente in scene sessuali (vera e propria ossessione) ma non dimenticando di conferire all’opera un’atmosfera più intima.
Il più amato è l’ultimo segmento, il più delicato, ambientato a Aix-en-Provence, con Vincent Perez che s’innamora la kiewloskiana futura suora Iréne Jacob; l’altro episodio francese è più ironico e ha al centro la ronde amorosa dei fedifraghi Peter Weller e Chiara Caselli e i cornuti Jean Reno e Fanny Ardant. Malkovich è il protagonista del secondo frammento, con location a Portofino e incontro d’amore con l’assassina Sophie Marceau.
Il primo episodio, invece, è il più denigrato e deriso, con Kim Rossi Stuart e Inés Sastre alle prese con un amore impossibile e mai consumato: personalmente, è il pezzo che ho apprezzato di più per tenerezza ed essenzialità, e per la splendida cornice ferrarese, patria di Michelangelo (la puntata di Malkovich ai lidi estensi è molto bella).
Reparto tecnico sopraffino, con la fotografia di Alfio Contini e le musiche di Lucio Dalla e degli U2 ad impreziosire un lavoro imperfetto ma attraente. Ci sono anche Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau direttamente dal cuore de La notte, in una manciata di minuti impressionisti, giunti sullo schermo per rendere omaggio al gran ritorno del maestro.
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