Regia di Stanley Donen vedi scheda film
Premetto che non sarò lungo ed esaustivo come di solito, anche perchè il film in questione non è che abbia chissà quanti elementi per poter fare un'analisi profonda.
Prima della visione, mi avevano detto che era un film minore sia dei due attori protagonisti e del regista... mi spiace dire che ho resistito appena 10 minuti e poi l'ho adorato. Cioè; diciamo le cose come stanno, il film presenta una sceneggiatura molto debole nell'impalcatura (alla fine abbiamo una libraia che viene scelta dalla rivista di moda Quality e viene catapultata a Parigi per presentare i nuovi vestiti e lanciare la nuova moda) e che risulta carente nello sviluppo delle psicologie dei personaggi (questo si nota nella seconda parte di film), ma nonostante ciò, fortuna per noi che dietro la macchina da presa abbiamo il re dei musical, cioè Stanley Donen, che riesce a mettere in scena con brio, freschezza e leggerezza, questa storia di un umile libraria che improvvisamente si ritrova catapultata nel mondo della moda Parigina. C'è da dire che Donen è un mito... solo ad Hollywood si può fare un film che è conemporaneamente una presa in giro del mondo della moda e al contempo anche un elogio di essa.
La tavolozza grafica è così satura nei colori da esplodere letteralmente sullo schermo creando un effetto visivo sbalorditivo. Donen passa da componenti Pop Art negli uffici della rivista Quality sino a citazioni impressioniste e post-impressioniste nelle scene del prato dietro la chiesa a Parigi, sino alla pura atmosfera intima e sulfurea dei caffè letterari parigini.
Audrey Hepburn nella commedia ci sguazza alla grande ed infatti non delude per niente; azzecca i tempi della battuta comica (nella libreria fa schiantare dalle risate con le sue scemenze... perché ci crede alla grande in ciò che dice), ingenua, timida e dolce, ma dotata di classe ed eleganza innata. Quest'attrice non ha alcuna rivale in questo settore ed infatti riesce a plasmare il personaggio di Jo che a livello di scrittura è veramente basilare, donandole uno spessore umano per quanto le riesce e si dimostra anche poliedrica riuscendo a stupire lo spettatore con quel completo numero di danza empaticalista (vabbè Hepburn nasce ballerina quindi no problem) e a cantare (e canta anche bene, solo che ha un estensione vocale limitata, ma con quella ci nasci). Far cantare le canzoni ad Audrey Hepburn con la sua voce, è indice di intelligenza da parte di Donen, poichè capisce benissimo che ogni imperfezione o incertezza, non fa altro che rendere conto che ci si ritrova innanzi all'anima più autentica e pura del personaggio; il quale senza questa operazione, risulterebbe abbastanza distaccato e freddo viste le carenze di scrittura alla base (e diciamocela tutta... io non amo la moda, ma gli snob come il personaggio della libraia protagonista qui li trovo altrettanto insopportabili... e poi sta stronza m'ha anche spoilerato il finale di Anna Karenina che stavo leggendo...).
Fred Astaire; naturalmente vista l'età nei duetti con la Hepburn si limita a girarle intorno, ma nei numeri da solo ha ancora delle cartucce da sparare, mentre nel canto è naturalmente superiore non poco alla sua partner. Dimostra inoltre di avere un discreto talento con l'ironia dissacrante, come quando in neanche 30 secondi distrugge la filosofia enfanticalista nel caffè francese e prende per il culo alla grande una Hepburn che spara scemenze deliranti di stampo filosofico.
Devo dire che effettivamente, seppur per l'80% delle volte le scene romantiche tra i due sono messe in scena come se assistessimo ad una fiaba (con un'atmosfera molto onirica), così che io spettatore ci possa credere a questa cosa, quando però i due escono da quell'eden da sogno, la fiaba mostra il fianco alla realtà ed in effetti se Bogart, Cooper e Grant non mi hanno mai dato alcun problema, Astaire effettivamente è un pò troppo anziano (sembra un nonnetto); però sono facezie e nel 2017 fare discorsi morali su queste cose mi sembra abbastanza fuori luogo... non siamo più negli anni 50'.
Il film è anche una presa in giro verso il mondo dei filosofi che con la loro pseudo cultura finiscono con lo scroccare e sfruttare gli altri sia economicamente e sia qualcos'altro di meno culturale e più materiale... non so se mi spiego.
La pellicola può essere anche vista come una metafora del percorso di Audrey Hepburn (tanto il musical è un genere che si presta sempre ad essere metacinematografico) e il suo imporsi ad icona nonostante non avesse alcun canone estetico che andasse in voga per la maggiore all'epoca.
Quindi che dire... un film minore? Si probabilmente, però abbiamo due icone del cinema che si cimentano con professionalità e dedizione (il film fu voluto fortemente da entrambi) in questa deliziosa pellicola.
Un film all'epoca molto ben accolto negli USA (venne inserito tra i migliori 10 film dell'anno) ed ebbe addirittura ben 4 nomination all'oscar (per la fotografia avrebbe potuto vincere perchè è illegale sotto quest'aspetto ed infatti visivamente non è datato per niente al giorno d'oggi. In Europa la critica più snob lo attaccò accusandolo di essere anti-intellettuale... in effetti l'attacco a Sartre e al suo esistenzialismo è abbastanza palese). Venne nominato anche per la sceneggiatura... no comment). Al giorno d'oggi è un pò trascurato forse ed in effetti la critica nostrana non è molto etusista di questo musical visto che Mereghetti gli dà 2.5 (lamentandosi di una pensantezza della sottotrama dela presa in giro verso i filosofi, cosa su cui non concordo, perché è ciò che dà un pò più di spessore al film) e Morandini gli conferisce 3 stelline (voto onesto). Comunque sia questo film farà si che Stanley Donen capisce le potenzialità dell'attrice attrice protagonista e la impiegherà per esprimere la sua visione poetica ed infatti la richiamerà nell'ottimo Sciarada (1963) e nel capolavoro assoluto di Due per la Strada (1967).
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