Regia di Stanley Donen vedi scheda film
Un’anonima libraia viene notata per caso dai responsabili di una prestigiosa rivista di moda e viene catapultata a Parigi per un servizio fotografico che la farà diventare una fotomodella di prim’ordine.
Lo stile di Donen alla regia è inconfondibile, coi suoi colori sgargianti, il modo singolare di piazzare la macchina da presa, le coreografie che sfiorano la perfezione. Numerosi, e come potrebbe essere altrimenti, i siparietti musicali che avvicinano questa commedia ad un musical in piena regola; tuttavia non tutti questi intramezzi musicali risultano scorrevoli e della durata giusta (si pensi al soliloquio monotono e chilometrico della Hepburn nella propria libreria). Meravigliosa invece la lunga coreografia dell’arrivo a Parigi, la migliore di tutte, aiutata da inusuali split screen (per la verità non l’unico artificio tecnico usato).
Il film tuttavia è molto lontano dalla perfezione. Innanzitutto non ha il ritmo giusto, inframmezzato com’è da troppi immobilismi che spezzano il ritmo della narrazione e rischiano di tediare lo spettatore. Ed inoltre risulta poco credibile (oltre che quasi inspiegabile nella genesi) l’amore tra una lanciatissima e oramai famosa Hepburn non ancora trentenne ed il quasi sessantenne Astaire, sempre impeccabile nei balletti, ma quasi alla fine della lunga e fruttuosa carriera. Non certo il miglior film di Stanley Donen (lo testimonia il clamoroso blooper dell’operatore riflesso nello specchio durante il citato soliloquio della libraia), ma pur sempre un film con Fred Astaire e Audrey Hepburn, ossia una fiaba destinata a durare in eterno.
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