Regia di Richard Linklater vedi scheda film
Senza che suoni necessariamente come un addebito, ci sono film in cui è così tanto lo spessore dei personaggi e dei relativi interpreti che, in fondo, tutto il resto non conta. A parte la mia personale, fondamentale convinzione che sia profondamente ingiusto attribuire al ruolo ed al nome del regista la paternità e la firma principale di un film (discorso lungo...), riscontro però (e piacevolmente) che può anche piacermi qualche film di Linklater se ad animarlo è un terzetto-perfetto come nel caso di questo “Last Flag Flyng”.
Caratterizzazioni perfette al millimetro, unite ad interpretazioni da Oscar(s) ex-aequo, danno vita ad un film “a quadretti”, in alcuni dei quali l’immedesimazione ed il coinvolgimento emozionale sono possibili, per lo spettatore, all’ennesima potenza (un “quadretto” su tutti: la scena sul treno in cui i tre, insieme al giovane marine di colore già amico intimo della salma in trasferimento, ritornano con la memoria ai fasti della “Disneyland” vietnamita).
Splendido nell’introduzione (la scena al bar in cui si ritrovano Doc ed Al), irresistibile nel recupero dell’ex-bestia/ora-reverendo Muller, una volta raggruppato il cast di veterani “Last Flag Flyng” riesce a non scadere mai nella retorica, a restare estremamente umano (e forse anche divino, insieme, laddove “l’umano” spazia dall’alcolismo alla trascendenza mistica, dall’amore per la patria a quello per la figa, fino a trascinarsi nel semplice, feroce dolore per la perdita mai spiegabile di una persona cara), con una sceneggiatura che, a spirale, abbraccia e feconda tutti gli aspetti della vita
Semplicemente, bello.
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