Regia di Yann Demange vedi scheda film
il lato oscuro e degenerato dei sogni capitalistici degli anni 80 definiti sul viso di un imberbe spacciatore...tratto da una storia vera diviene un film "bello" ma irrisolto....
"Cocaine la vera storia di White Rick Boy"
Suona come ultimo titolo di una filmografia puramente yankee che negli ultimi anni ha sdoganato nelle "imprese" , ascese e cadute di outsider e personaggi ai margini,le cui vicende tra realtà e leggenda hanno riempito le cronache.Come in "Blow" , "The Wolf of wall street" oppure gli "sportivi" "Tonya" o "The Fighter" si parla di eroi (o antieroi) a stelle e strisce.Qui è il sogno capitalistico "Reaganiano" divenuto parabola discendente , attraverso le gesta criminali di un pusher sbarbatello.
Il cinema ha spesso saccheggiato a man basse in queste storie articolate in dogmi dove comanda l'archetipo della famiglia disfunzionale, che qui conferma pienamente la regola.
In una Detroit grigia e periferica degli anni 80 vengono rilette le vicende di Richard Wersh sr. e del figlio Richard Wershe jr.
Siamo (quasi) dalle parti del "Cult" Blow del 2001, dove Johnny Deep cercava di non imitare lo sfigato padre.Anche qui i figli cercano di superare padri che nella loro dignità cercano di salvare i pezzi di famiglie allo sfascio.
Il "buzzurro" Matthew Mcounaghey gigioneggia difatti molto in un ruolo di padre di famiglia che agisce al limite della legalità, pur di salvaguardare il futuro del figlio Rick e dell' inguaiata figlia tossicodipendente.Richard sr girando fiere di armi s'improvvisa un trafficante, ma dovrà fare i conti con i segugi dell'Fbi.
Ed è qui che il film si "accende" entrando nel vivo di una narrazione che scolpisce e disegna ambienti e personaggi degradati.
Il giovane e sveglio Richard in combutta con Fbi e polizia s' improvvisa spacciatore e delatore per conto della bandiera americana.
Il ragazzo agisce per salvare lo sciagurato genitore, entrando come spacciatore nelle gang dei ragazzi di colore, venendo così ribattezzato "White Rick Boy".Uno pseudonimo all' odore di leggenda che qui assume i connotati della "negritudine".Ma il ragazzo verrà proprio fregato dagli stessi agenti che lo hanno usato e manipolato a loro piacere, dopo una sparatoria nel quale rimane ferito, decide che con la complicità del padre diverrà un grosso narcotrafficante di professione.Ma come in ogni favola criminale anche il nostro "White Boy" salirà in alto per poi cadere rovinosamente in basso.
Il regista Yann Demange disegna così un ritratto veritiero di una realtà che però cade nel facile stereotipo.E' indubbia la qualità attoriale di un McCounaghey che qui sembra divertirsi e prenderci gusto, cosi com'è bravissimo l'esordiente protagonista Richie Merret e i comprimari Bel Powley e Jennifer Jason Leigh, purtroppo vi è una certa volitività nei meccanismi della storia.
Seppur la regia descrive bene il contesto e gli ambienti, manca un certo vigore nello scorrimento di una trama che rimane adagiata sui sentieri del rivisitato.
La storia che qui vediamo poteva prestarsi a innumerevoli chiavi di lettura, ma pur nell' incisività di ambienti dal forte impatto, tutto sembra non avere uno sviluppo narrativo.Vediamo tutto il corollario di volgarità e parolacce in uso nelle periferie, come tutte le chincaglierie e il gergo dei ragazzi di colore, ma tutto ciò funziona solo come una bella copertina, il problema è in una lettura che si perde nel suo voler compiacere lo spetttatore.
Un peccato anche relegare i nonni Bruce Dern e Piper Laurie ai margini della storia, di sicuro attori dallo loro incisività, in uno sviluppo narrativo più dettagliato avrebbero donato nerbo al film.
Di tutto ciò rimane l'ennesima parabola "politicamente" corretta contro droga e il razzismo, che nel voler lanciare messaggi positivi sottrae vitalità ad un film che poteva essere davvero grande...un peccato...
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