Regia di Luciano Ligabue vedi scheda film
C'è Ligabue. C'è Accorsi. Ma sono passati 20 anni da Radiofreccia. Il primo ha perso le idee, il secondo l'ingenuità. Restano un cantante/regista che si ricicla e un attore i cui fasti sono alle spalle, che gigioneggia. Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate...
Terza e (se questo è il trend, si spera ultima) opera del cantautore Luciano Ligabue, che nella musica come al cinema dimostra di aver avuto una parabola brevemente ascendente, e lungamente discendente. Onestamente, non c'è alcun cantautore che mi abbia tanto coinvolto da principio, e così irrimediabilmente deluso in seguito.
Per quanto mi riguarda, con Buon Compleanno Elvis Ligabue ha dato tutto ciò che aveva da dare nel mondo della musica. Sarà forse un caso, che i suoi album fino a quel momento uscivano praticamente a ritmo di uno all'anno, e in seguito gli anni sono diventati 3 o perfino 5, e a volte per riproporre i brani del passato? Non saprei. Ma non credo alle coincidenze.
Veniamo, quindi, al Ligabue regista. 1998, Radiofreccia. Un giovane Ligabue e un giovanissimo Stefano Accorsi raccontano una storia poco nota, di provincia, ma ricca di ispirazioni e ispirazione. Nessun capolavoro all'orizzonte, ma originalità, freschezza e passione si toccano con mano. Da zero a dieci, forse meno ispirato del precedente. Sotto certi profili più maturo, sotto altri meno spontaneo e puro.
E giungiamo così a questo Made in Italy, un film fondamentalmente senza una trama, che gira attorno al suo protagonista. Da qui nascono i primi problemi: Accorsi non ha più i 25 anni o poco più di Radiofreccia e non è più quel ragazzino acqua e sapone che sembrava all'epoca. Qui sembra un incrocio tra il molleggiato, una star annoiata e un delinquente. Insomma, tutto fuorchè l'operaio di una fabbrica di salumi. Tra l'altro da 30 anni. Ma se quando hanno girato il film ne aveva soltanto 46... a che età avrebbe iniziato a lavorare? A 15 anni? O nel film dovrebbe essere un ultracinquantenne? Poi si è mai visto un operaio che si descrive come un poveraccio, andare in giro con una rara ed esemplarmente mantenuta auto d'epoca di almeno (quella sì!) 50 anni, quindi pure più vecchia di lui, che in teoria avrebbe dovuto comprarla già d'epoca? E i costi dei rarissimi e costosi ricambi e manodopera? Ma qui, apparentemente, sono tutti poveri, epperò tutti vivono da star: casali di campagna finemente arredati, case in centro (con l'unica auto parcheggiata in strada, tra tutta la piazza e relativi palazzi, proprio quella dell'amico del protagonista, guarda caso!), auto d'epoca, etc.
Il film promana buonismo da tutti i pori: si va dall'amico gay a quello con la dipendenza, dal matto all'anziano bisognoso, dagli operai che perdono il lavoro a quelli che devono emigrare. Tutto sembra proprio come la canzone della colonna sonora (Made in Italy, appunto), che nomina un sacco di cose (città), senza dire assolutamente niente di sensato su nessuna di esse... "a Torino il mistero... a Firenze una tipa che danza e celebra la primavera"... ma che razza di omaggi sarebbero a due città con un simile patrimonio storico-socio-culturale? Mah...
La Smutniak, come Accorsi, è fuori parte di parecchio... a parte le labbra rifattissime... si sente pure l'accento straniero e dovrebbe fare la provincialotta emiliana... i due tutto sembrano, tranne che quelli che dovrebbero essere, cioè due poveracci basso-borghesi. Sembrano, invece, proprio ciò che sono, cioè star che gigioneggiano (in particolare Accorsi).
Quindi trama assente, attori fuori ruolo e fuori posto... cosa rimane?
I dialoghi sono un misto tra italianizzazione di film americani di serie Z e trasposizione di canzoni da falsi duri, con gente che parla in modo inverosimile e la cui simpatia ostentata risulta poi antipatica.
La musica credo di averla già commentata sopra: essendo quasi interamente canzoni di Ligabue recenti, sono a tratti inascoltabili, e, comunque, come il resto del film sembrano messe a caso e scritte a caso. Un'accozzaglia di parole/situazioni più o meno giustapposte senza un particolare nesso logico. Giusto per vedere l'effetto che fa.
Forse la fotografia è la cosa meno peggiore di tutta l'opera: non che sia eccelsa, ma ha qualche guizzo, un'atmosfera generale discretamente ispirata e offre degli scorci piacevoli. Nulla di memorabile, sia ben chiaro! Ma, comparata al resto, sembra almeno due spanne sopra.
In conclusione: opera stereotipata, che racconta vite surreali e poco attuali, con situazioni affrontate in modo del tutto irrazionale e insensato... Dall'operaio insoddisfatto con moglie imprenditrice, che la vuol far finita anzichè brindare per aver incassato forse 50.000 o più euro tra tfr, bonus, liquidazione, etc., al disperato del gioco d'azzardo con la casa in centro e l'unica auto parcheggiata in quella che sarà pure una ZTL, dall'amico che tromba la moglie all'amico che però gli rimane amico, alle persone che vivono da nababbi pur dicendosi semi-indigenti, ai tarallucci e vino in cui si risolvono tutte le situazioni "drammatiche", al dover coinvolgere tirandoli per i capelli tutti gli stereotipi del buonismo socio-politico, onde apparire politicamente corretti o "educare" lo spettatore a diventarlo.
Che dire? In una parola: evitarlo!
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