Regia di David Foenkinos, Stéphane Foenkinos vedi scheda film
Coraggiosa ed equilibrata commedia, venata di drama, che tratta lo spinoso tema della depressione e l'isolamento che tale malattia crea.
Nathalie è una professoressa di una scuola superiore privata parigina dove insegna letteratura francese.
Divorziata, come tante, vive sola con la splendida figlia diciottenne, quest’ultima innamorata della danza classica che pratica con passione e con la concreta speranza di diventare una ‘etoile’.
Soffre dell’altrui successo, o almeno di quello che la sua mente presume di vedere, ed a causa di questo la sua vita prende una piega inaspettata: senza un evento scatenante particolare e, come attratta all’interno di una spirale di negatività, si ritrova lentamente a cadere in depressione.
Come spesso accade in questi casi sarà l’accettazione del proprio ‘status’ e l’aiuto degli altri a ‘normalizzare’ la situazione.
La bravissima Karin Viard (la Margherita Buy d’oltralpe per intenderci) è la protagonista assoluta di questa commedia a tinte drammatiche nella quale le vicende familiari della professoressa sono il pretesto per mostrare gli effetti del ‘male oscuro’ (nel film viene genericamente detto che la protagonista è malata di nervi) concentrandosi sulla difficoltà di relazionarsi con il prossimo.
Questo può portare a far del male sia a se stessi che, come questa pellicola dimostra, a coloro, familiari ed amici, ne sono colpiti non direttamente.
Da evidenziare la bravura dell’attrice e la ‘misura’ dei registi (David e Stephane Foenkinos) che riescono a mantenere un equilibrio tra dramma e commedia quando l’atteggiamento della protagonista e le vicende del racconto volgono verso un ‘climax sgradevole’.
Come qualcuno avrà avuto modo di notare seguo con interesse tutte le commedie francesi che arrivano in Italia e questo caso rinforza la mia convinzione che la qualità del cinema d’oltralpe, in questo genere, è decisamente elevata; nel ‘Complicato mondo di Nathalie’ si riesce a far pensare agli effetti della depressione gestendo sapientemente un grado di ‘antipatia’ (inteso come opposto all’empatia’) verso la protagonista per il modo così acido, fastidioso ed irriverente con il quale si approccia al prossimo nel momento del film in cui Nathalie è all’apice della sua ‘crisi’.
Considero aver mostrato tali ‘effetti’ della malattia un vero atto di coraggio attenuati, a dire il vero, da momenti di levità che denotano una sapienza e cura nello scrivere il soggetto non comune.
Come curiosità bisogna evidenziare che il titolo originale Jalouse (Gelosa), che spiega praticamente metà film, è stato sostituito da un generico titolo a causa della brutta abitudine da parte dei distributori italiani di tranquillizzare il potenziale spettatore, fuorviandolo.
Credo che non si possa parlare di commedia leggera perché fa molto pensare ai temi (spesso considerati fastidiosi e quasi un tabù come argomento principale di un film) della gelosia e dell’invidia e delle conseguenze che tali sentimenti provocano se sono portati all’eccesso.
Relativamente all’ultimo sentimento nominato mi è tornato in mente ‘La febbre’ di D’alatri (ed anche in quel caso fu edulcorato il titolo usandone un regionalistico-sinonimo).
Una commedia che fa pensare, ben realizzata e splendidamente recitata….
Vi ho convinto?
Vive la France!
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