Regia di Ryan Coogler vedi scheda film
Ancora una volta sagra del politicamente corretto tra le fila della critica americana, la quale consegna per l’ennesima volta al pubblico recensioni spropositatamente entusiastiche nei riguardi di un film che non le merita.
Al di là del perbenismo, della retorica, e della ritrosia dimostrata nel criticare un film che “per la prima volta mostra gli afroamericani come protagonisti” (sic!), forse è possibile giudicare un film in sé, in quanto tale, evitando tutte gli inutili pregiudizi e il buonismo che hanno portato numerosissimi critici (non solo americani) a mettersi il paraocchi, scegliendo di ignorare i diversi difetti del film.
Ciò, ovviamente, non vuole sottintendere che Black Panther sia un pessimo film (ci va vicino però, sia chiaro), ma di certo non è uno dei migliori film di supereroi. E non c’è da essere molto certi neanche del fatto che rappresenterebbe una qualche forma di passo avanti per quanto concerne la resa di “personaggi afroamericani e africani al cinema”. E neppure che trasmetta un messaggio totalmente positivo.
Si tratta di un film mediocre, nella media del suo genere. Che però presenta alcune non ignorabili e urticanti ambiguità. Ad esempio, nella logica da blockbuster industriale del film, “abbracciare” la cultura africana significa mostrare persone che si lanciano in balli tribali, fazioni divise, élite di regnanti e guerrieri, il tutto inserito in una cornice fantascientifica da società, tecnologicamente, proiettata diversi secoli nel futuro.
Probabilmente (quantomeno si spera) è involontario, ma quale vorrebbe essere in questo caso il messaggio? Che senza il portentoso metallo magico venuto da chissà dove da soli non sarebbero mai riusciti a progredire, e difatti rimangono ancora ancorati ad una concezione arcaica per cui, ad esempio, il governante viene scelto sulla base della vittoria di un combattimento? Insomma, perché il re viene scelto in questo modo? Meglio ancora, perché una società che non si manca mai di sbandierare come così avanzata è ancora retta da una monarchia assoluta?
Cos’è che si vorrebbe insinuare, forse che mentre sul piano tecnologico e scientifico, grazie al “miracoloso Vibranio” risultano essere avanzatissimi, invece su quello politico, per quanto concerne libertà civili, diritti, governo, essendo ciò che si sono costruiti da soli, con le proprie mani, allora non hanno potuto che rimanere indietro di almeno un secolo rispetto a tanti altri paesi nel mondo, essendo notoriamente gli africani del tutto incapaci di progredire anche solo minimamente?
Non pare esattamente il miglior modo, la miglior storia, e neppure il miglior genere, per parlare di politica, tanto meno per portare alla prominenza e ad una maggior comprensione la causa afroamericana, africana, ma in linea generale di tutte le categorie più oppresse.
Perché, ad esempio, sempre sul piano politico, anche su tantissime altre questioni si mantiene superficiale e discutibile (vedi la questione del rapporto coi paesi stranieri, con la CIA, o la questione dell’accoglienza dei profughi [tema sul quale diversi Wakandiani si rivelano fin quasi xenofobi]). Certo, la scena finale (e soprattutto quella a metà dei titoli di coda) in parte migliora la situazione, ma le perplessità permangono.
E anche dal punto di vista prettamente cinematografico, Black Panther non manca di esibire svariati difetti. Innanzitutto, la recitazione non è (checché se ne dica) di altissimo livello (anche se sicuramente si salvano almeno la Nyong’o e la Wright [che interpreta probabilmente il personaggio migliore del film]), e non emerge alcun personaggio realmente carismatico (il che risulta essere un problema di non poco conto, soprattutto nel caso del protagonista). La sceneggiatura, poi, non inventa nulla di nuovo, ma questo c’era da aspettarselo. Peccato però che non si sforzi neanche di tentare quantomeno di innovare un minimo il suo genere, di sviare anche solo un tantino dai soliti stereotipi del medesimo.
Difatti, bisogna pur dirlo, è ininfluente che i protagonisti siano per la gran parte africani o afroamericani, in quanto la storia rimane pur sempre di una banalità e prevedibilità assolute, incapace di riservare particolari sorprese. E anche lo stile spesso non si rileva molto innovativo, e alcune scene d’azione (a causa del continuo ricorso alla camera a spalla e ad un montaggio convulso) alla lunga infastidiscono (e, in particolare, la battaglia finale sfiora ripetutamente il ridicolo, ad esempio con l’assurda e quasi esilarante introduzione dei rinoceronti). Comunque almeno il piano sequenza al casinò è molto ben realizzato.
E, nonostante tutto, il film presenta almeno un’ottima scenografia, una buona fotografia e regala un paio di scene di indubbio impatto visivo. Ma essendo per il resto alquanto carente lascia l’amaro in bocca, meglio ancora: nel caso non si sia patiti del genere, quasi del tutto indifferenti.
Costato 200 milioni di dollari, si rivela un portentoso successo di pubblico e, nonostante il personaggio non sia di certo tra i più conosciuti della Marvel e nonostante il fatto si tratti di un film autonomo, arriva ad incassare ben 1,2 miliardi al box-office, superando anche le più rosee aspettative. Con grande e supremo sconcerto di chi nel cinema, perfino di supereroi, cerca qualcosa in più (soprattutto in quei film bollati come "nuovi capolavori"), e non i soliti ricicli di idee ormai stantie (ma, d'altra parte, si sa: l'occlusione mentale dello spettatore medio appare una realtà ormai immodificabile...).
Proprio immodificabile:
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