Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Da un fatto vero, Spielberg torna a raccontare un dramma politico ma soprattutto etico sui diritti e le responsabilità della stampa, con il solito impeto e la solita passione, forse anche per raccontare di un giornalismo che è stato, dovrebbe essere ma che, forse, oggi non è più.
Film che si inserisce di prepotenza all'interno del collaudatissimo (e amatissimo, soprattutto dai critici) filone che tratta dei rapporti tra gli organi del potere costituente (stato) e il cosiddetto Quarto potere (stampa), esaltandone quest'ultimo come estremo baluardo contro le manipolazioni esercitate da un'istituzione troppo spesso fedele soltanto a se stessa, The Post è un thriller giornalistico e/o cospirativo rigorosamente old-school, con il regista che si ispira ai grandi classici del passato (impossibile non pensare a una specie di prequel di Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula, visto anche come si chiude la pellicola) ma anche al proprio recente passato (Il ponte delle spie) e girato con estremo mestiere e perizia, elaborato come fosse egli stesso una specie di reportage giornalistico, grazie anche all'ottima sceneggiatura di Liz Hanna e Josh Singer, ma ambientato invece che per le strade proprio all'interno delle stesse redazioni dei giornali oltre che nei meandri delle lussuose dimore del potere (compresa ovviamente la Casa Bianca, ripresa però soltanto dall'esterno, come fosse una fortezza assediata dal nemico forse, a torto, creduta inviolabile) creando tra quegli ambienti chiusi e angusti un senso di claustrofobica incertezza e di inevitabile minaccia che permea la pellicola, ricostruendo filologicamente quelle convulse giornate che portarono alla storica sentenza della Corte Suprema attraverso però uno stile secco e rigoroso, concedendo molto poco allo spettacolo, ma immergendo lo spettatore direttamente nel mezzo dei contrasti e dei timori di quei giorni, esaltando il coraggio e la dedizione di quei pochi uomini (e donne) e la loro battaglia in nome della democrazia.
Buon la prova di Tom Hanks, per l'ennesima volta l'uomo comune americano chiamato a difenderne i suoi principi (e ormai se si candidasse alle elezioni USA probabilmente vincerebbe a mani basse), e dell'eterna Meryl Streep, tenace e combattiva proprietaria del Woshington Post, anche se penalizzata nella versione italiana da un doppiaggio a dir poco non particolarmente felice, ma a rimanermi maggiormente impresso è stato soprattutto lo straordinario Ben Bagdikian di Bob Ondenkirk.
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