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Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su The Post

di michemar
8 stelle

Steven Spielberg è un maestro e da tale si è comportato per questo notevolissimo film, perfetto ed equilibrato in ogni momento, dal crescendo degno di un’opera di classe, non fermandosi mai, dando ritmo perfino per una storia essenzialmente verbale e di cui sappiamo già tanto.

Si rischia solo di scrivere parole già sentite tanto è solido e classico il cinema di Steven Spielberg, un regista che è capace soltanto di firmare opere così ben pensate, organizzate e girate che ogni parola è quasi superflua. E invece vanno dette e ridette, tanto impressionano i suoi film.

La prima cosa da notare è il posizionamento della macchina da presa, la maniera di inquadrare i personaggi in diversi scorci della trama, specialmente all’inizio: dall’alto, dal basso, dall’alto, dal basso, dall’alto, dal basso, continuamente cambiando la prospettiva e dando quindi il senso incombente di avvenimenti sensazionali, come fosse un thriller, inquadrando gli attori come criminali all’opera. Perché infatti come un thriller Spielberg porta avanti la storia. Poi la fotografia spostata verso un bluastro grigio, come un filmato di vecchio repertorio, come le foto di 50 anni fa. E la musica di John Williams, qui addirittura alla 28.ma collaborazione con il regista di Cincinnati, fa da perfetto accompagnamento al crescere degli avvenimenti.

 

Tom Hanks, Meryl Streep

The Post (2017): Tom Hanks, Meryl Streep

 

Un particolare notevole che mi suscita attenzione è lo script, che è di una coppia discretamente giovane: la 32enne Liz Hannah, pressoché al debutto e il 45enne Josh Singer già fattosi notare per le sceneggiature del bellissimo Il caso Spotlight - quindi sempre nel campo giornalistico d’inchiesta - e Il quinto potere, il film su Julian Assange. Una coppia che ha saputo dare un ritmo infernale al racconto con un’eccellente sceneggiatura.

 

Tom Hanks, Meryl Streep

The Post (2017): Tom Hanks, Meryl Streep

 

Steven Spielberg è un maestro e da tale si è comportato per questo notevolissimo film, perfetto ed equilibrato in ogni momento, dal crescendo degno di un’opera di classe, non fermandosi mai, dando ritmo perfino per una storia essenzialmente verbale e di cui sappiamo già tanto. Un film che ci ricorda quale valore abbia in America la libertà di parola e di stampa, con i giornalisti che immaginano il loro mestiere come una missione votata alla verità, pur se tanti saranno inevitabilmente legati a qualche corrente politica. Ma l’editrice Kay Graham (Meryl Streep) e il direttore del Washington Post Ben Bradlee (Tom Hanks) hanno la schiena dritta e i loro dipendenti sembrano piccoli eroi della macchina da scrivere. Ogni particolare è curato minuziosamente, dagli abiti agli ambienti, dalle pettinature (il più possibilmente simili ai personaggi originali) alle attrezzature tecnologiche dei tempi. Eccellente poi la cura dedicata nel comporre i caratteri dei comprimari, tra i dubbi personali e la volontà di adempiere appieno al proprio dovere di cronaca, a costo di enormi conseguenze sulla vita privata e familiare. Basti osservare la casa del direttore Ben Bradlee, sempre caotica come una dépendance dell’ufficio del Post, con colleghi che vanno e vengono di continuo, dove si svolgono riunioni tempestive e tempestose, in cui la devota moglie Tony (la sempre puntuale Sarah Paulson) completamente coinvolta nella vita del marito non si lamenta mai ed è sempre a disposizione anche con la casa a soqquadro, tra il fumo di sigari e sigarette e panini al tacchino. Una vittoria del giornalismo indipendente, un passo dell’umanità, si potrebbe dire parafrasando una celebre esclamazione spaziale, ma è la verità: avere il coraggio di pubblicare a rischio di chiusura del giornale, andare avanti per la propria strada sia per il dovere etico del mestiere, sia per realizzare lo scoop che ogni giornalista sogna da sempre. E incidere (e questo è di enorme portata storica e politica) sul futuro del Paese, allorquando dallo scandalo delle “Pentagon Papers” si passò direttamente a quello del fatidico “Watergate”, che fu la fine politica di Richard Nixon.

 

Tom Hanks

The Post (2017): Tom Hanks

 

Ma è solo questo che si può dire di questo film?

Assolutamente no! Perché l’altra faccia della medaglia è un’altra battaglia, non meno importante dal punto di vista sociale: quella che combatte ogni giorno, ogni ora del giorno l’editrice Kay Graham, una leonessa sì ma attorniata da squali della finanza e dell’editoria che con la peggiore mentalità maschilista di quegli anni vedono in quella persona volitiva solo l’essere femminile, con tutte le sue debolezze fisiologiche, che non può ai essere in grado (a detta loro) di condurre un’impresa come quella del Post, per giunta in gravi difficoltà finanziarie. Quella poltrona non è stata una sua conquista ma le è piovuta addosso vuota, dopo la morte del suocero fondatore e soprattutto dopo la morte del marito, erede della carica e dell’azienda. Nessuno crede nelle sue capacità, tutti pensano di poterla influenzare nelle decisioni cruciali proprio di quei giorni a proposito della entrata nella borsa di Wall Street del giornale, operazione rischiosissima se non viene effettuata con sicurezza e senza scossoni letali. E proprio la vicenda delle carte secretate del Dipartimento di Stato possono davvero essere quello scossone che può mandare all’aria l’impresa aziendale ed il futuro del giornale, ma soprattutto l’entrata in borsa che porterebbe capitali freschi molto necessari al prosieguo dell’attività. Una donna in vari frangenti sola, senza nessun amico fidato e con il direttore Bradlee che spinge alla pubblicazione ad ogni costo. Una donna forte che però deve decidere da sola, resistendo come un fortino assalito dai nemici e solo il suo forte carattere, la sua determinazione, la voglia di continuare l’opera del marito le faranno prendere una sofferta decisione. Una donna in mezzo a tantissimi uomini che fa valere le sue doti. Perché di un ambiente maschile e maschilista stiamo parlando, perfino le donne nella redazione sono poche e relegate a compiti raramente di primo piano.

 

Meryl Streep

The Post (2017): Meryl Streep

 

Film di forte carattere sociale, quindi, oltre che politico e perché no militare. Vedendo all’inizio quelle scene di guerra che fanno ricordare tantissimo l’incipit di Platoon di Oliver Stone capiamo bene la natura dei segreti che il governo statunitense non vuole far trapelare: la sconfitta lenta e inesorabile in Indocina della più grande potenza militare al mondo. Film dal sapore epico, dal coraggio infinito, sia dei personaggi che del regista, il quale ha voluto e portato a termine un impegno importante nella maniera migliore, seduto ormai da tempo nell’olimpo dei grandi registi del cinema e non da oggi.

 

Il duo protagonista? Beh, Meryl Streep è di un altro pianeta ma io condannerei all’ergastolo chi decide la sua doppiatrice, un vero scandalo, sembra la sorella del soprano stonato Florence, diomio! Tom Hanks bravo in modo ordinario, nel senso che anche questa volta entra comodo nel vasto panorama dei suoi tantissimi personaggi con grande talento e facilità. Entrambi da giudicare meglio in v.o..

Gran film, gran film, sempre teso e vibrante. Un vero cinema classico, come piace all’autore. E come L’ora più buia è seguito da Dunkirk, questo sarà (o meglio fu) seguito da Tutti gli uomini del presidente i cui fatti reali causarono le dimissioni di Nixon.

 

Il film non risparmio nessuno, neanche il mito intoccabile di John “Jack” Kennedy.

Perché? Perché “il diritto di pubblicare consiste nel pubblicare!”

Avercene noi in Italia di gente così!

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