Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Dopo il totalitarismo psicologico di Dogtooth, la distopia romantica di The Lobster e la tragedia greca del Sacrificio del cervo sacro, Yorgos Lanthimos ritorna con un biopic storico volto a raccontare la malleabile verticalità del potere all’interno della corte della regina Anna Stuart. Con la sua tipica crudele ironia immersa come sempre nella sua estetica asettica e geometrica tipica del cinema di Stanley Kubrick.
Il regista greco decide infatti di cimentarsi in una pellicola storica non sceneggiata da lui per potersi concentrare unicamente sulla regia, anche se a conti fatti è proprio quest'ultima ad influenzare sia l'estetica che la poetica della Favorita.
La trama ruota attorno alle tre protagoniste femminili che danno il titolo al lungometraggio, dove la prima e unica vera favorita ovvero la regina Anna Stuart, ormai sempre più malata e disinteressata del suo Regno, si diverte come una bambina viziata e capricciosa a farsi lusingare dalla due scaltre favorite e contendenti del potere regale nella corte, ossia Sarah Churchill e Abigail Hill.
La prima è la chiara espressione della razionalità e dell'hard power, col titolo di duchessa di Marlborough in quanto maritata con il generale dell’esercito John Churchill. Scaltra, schietta, tenace, stratega, dura e saggia sia nella gestione del Regno sia nei confronti della Regina Anna in quanto sua amica di lunga data e fidata consigliera in tutti i campi sia di politica interna sia di politica internazionale.
Lo spazio di manovra enorme che le è stato concesso grazie alla sua carica di Keeper of the Privy Purse affidatole dalla pigra e disinteressata Regina, le permette di controllare il governo del Parlamento sostenendo il partito dei Whig, quest’ultimo di orientamento liberale e favorevole al continuo della guerra di successione spagnola proponendo addirittura un aumento delle tasse per supportare le campagne militari contro l’esercito nemico in modo da sconfiggerlo definitivamente fino alla resa incondizionata.
La politica agguerrita e violenta dei Whig è controllata ovviamente da Sarah Churchill che mira ad ottenere sempre un più ampio potere e influenza all’interno della Corte, oltre che ad aumentare il prestigio di suo marito impegnato a condurre le battaglie vittoriose sui vari fronti della guerra.
La natura pragmatica e castigata della nobildonna le conferisce dunque un carattere forte ed autorevole nelle sfere più alte del potere, guadagnandosi così il rispetto e l’amicizia intima del governo in carica dei whig e l’antipatia dei suoi oppositori politici, i Tory.
Sarah, sostituendosi di fatto al potere esecutivo della Regina, manipola e orienta le decisioni di quest’ultima in favore dei suoi personali interessi, cercando di non superare il limite del potere regale che di fatto le concede il lusso di comportarsi anche in modo irrispettoso ai voleri della sovrana su temi delicati quali la politica interna ed estera.
La personalità ferrea e assertiva della duchessa di Marlborough vince quindi sulla fragile ed ingenua personalità di Anna Stuart, dove quest’ultima nonostante sia la reale detentrice del potere, cede e delega volentieri i suoi doveri noiosi da sovrana alla sua più competente e fidata amica, in cambio di agiatezza, comfort, piaceri e vizi non solo dati dalla servitù, ma anche dalle prestazioni sessuali che le offre la sua migliore amica.
La seconda è la chiara espressione del desiderio e del soft power, nobildonna caduta in disgrazia per le speculazioni del padre e cugina di Sarah Churchill.
Abigail Masham dato il suo passato nobiliare burrascoso che l’ha messa sul ciglio della strada e quindi a stretto contatto con la plebaglia, ha sviluppato un carattere totalmente differente da sua cugina, molto più passionale, innocente, ingenuo, premuroso e servile nei confronti del prossimo.
Il suo ingresso nella Corte e sotto il tutoraggio di Sarah che le concede il titolo di Lady of the Bedchamber, ovvero sua cameriera personale, comincia a far emergere il suo lato più egoistico, viscido, carnale e fintamente altruistico per conquistarsi ogni singolo vuoto di potere lasciato da sua cugina per poter ritornare la nobildonna di un tempo, scalando così i gradini del potere utilizzando i più scaltri e rozzi metodi per lusingare e conquistare la fiducia della Regina.
L’assenza frequente di Sarah Churchill alle richieste capricciose e viziate di Anna, viene colmata infatti dalla giocosa e calorosa presenza di Abigail, che sfruttando i suoi lati più passionali e amichevoli, guadagna gradualmente il tanto agognato potere nobiliare che le era stato sottratto ingiustamente dal padre.
L’agenda politica della giovane sguattera ora diventata Lady of the Bedchamber, è ovviamente antitetica a quella di sua cugina, infatti la sua filosofia individualista e frivola prevede soltanto di accrescere e consolidare il suo status personale alleandosi con il miglior offerente, che in questo caso viene rappresentato dal leader dei Tory, Robert Harley.
La strategia asimmetrica di Abigail Hill ha dunque lo scopo di fare da spia per conto dell’oppositore politico di Sarah per fargli perseguire i suoi interessi politici mentre quest’ultimo gli offre un rampollo invaghito di lei come sposo, in modo che lei possa finalmente sposarsi per ottenere un titolo nobiliare in grado di competere contro quello di sua cugina.
La menzogna, la finta ingenuità e la denudazione dei suoi sentimenti sono le armi infime e beffarde che Abigail utilizza per raggiungere le chiavi del potere, ma che soltanto grazie alla sua sensualità riesce definitivamente a soggiogare la frivola personalità della Regina, che appagata e colpita dall’impulsività della giovane ragazza, decide di concedersi a lei per desiderare la più semplice e rapida soluzione ai suoi problemi: l’accondiscendenza dei sudditi al suo potere assolutistico e capriccioso.
Le vicende e gli scontri per il potere che si susseguono all’interno della Corte sono semplicemente affascinanti e magnetici grazie all’enorme suggestione che Yorgos Lanthimos costruisce e fortifica con la sua magistrale messa in scena, che attraverso l’uso di grandangoli e alternate scelte fotografiche, dipinge perfettamente un’affresco di un’epoca vista nei suoi più intimi spazi e nei suoi bizzarri usi e costumi, evidenziando in particolare coloro che facevano parte delle più alte gerarchie nell’Inghilterra del XVIII secolo.
Il regista greco si concentra infatti ad illustrare le curiose vicende che caratterizzavano la Corte della debole e malata Regina Anna Stuart, focalizzandosi sul rapporto delle tre donne in un mondo patriarcale caratterizzato da intrighi politici e gerarchie invalicabili.
Il trio femminile davanti a questo mondo maschilista ed aristocratico, soprattutto nelle due favorite che si contendono il potere e il cuore della Regina, si dimostrano estremamente caparbie e capaci di manipolare la mascolinità e il testosterone degli uomini a proprio favore.
E non solo riescono a realizzare i propri interessi sfruttando il bipartitismo parlamentare tra whig e tory e l’orgoglio maschile che si ferma unicamente a battaglie ideologiche sia politiche che amorose, ma riescono sapientemente a sfruttare la loro sensualità per sedurre il potere stesso, dove quest’ultimo nasce proprio nella focosità della sua affermazione e manifestazione.
La ricerca dell’assolutismo e della prevaricazione è dunque insita in tutti noi esseri umani, e l’acceso duello sia fisico che psicologico tra Abigail e Sarah porterà soltanto alla loro stessa distruzione.
Razionalità e desiderio si scontrano perciò in un complesso e pericoloso valzer per la contesa del potere che passa inevitabilmente nella gestione della delicata dicotomia tra hard power e soft power, incarnati dalle due favorite che eccedendo in entrambi gli aspetti dell’amministrazione di uno Stato, si ritrovano irrimediabilmente punite dallo stesso aristocratico, capriccioso e viziato potere regale che le aveva legittimate.
Il finale certifica non solo la riaffermazione dell’autorità di Anna Stuart sulle donne che l’hanno manipolata e tradita, ma segna anche una profonda ferita emotiva carica di disagio e di rimorsi della Regina, che conscia di avere perso la sincera Sarah Churchill e tenuto la superficiale Abigail Hill, decide di punire quest’ultima obbligandola a massaggiarle una gamba appoggiandosi sopra la sua testa e stringendole forte i capelli, come se fosse una qualsiasi serva all’interno della corte.
L’allusione che Yorgos Lanthimos utilizza nel finale per rappresentare il tragico epilogo di Anna Stuart, è una semplice scena in dissolvenza sui numerosi conigli della sovrana che rappresentano tutti i suoi figli persi a causa della sua dolorosa malattia, che infatti segnerà la fine della sua dinastia e dello stesso potere regale.
Difatti, nonostante la sceneggiatura si focalizzasse molto sul trittico femminile, il film non è esente da una lettura storica e politica dell’Inghilterra preindustriale, infatti è interessante come l’insistente bipartitismo parlamentare e la velata borghesia rampante insita nelle due favorite, non sia nient’altro che l’inizio di una lenta ascesa che porterà la classe borghese a prevalere su quella aristocratica, marginalizzando sempre di più i poteri e il ruolo del sovrano ad un mero simbolismo dell’imperialismo britannico, accentrando di fatto la tripartizione dei poteri nelle mani del Parlamento di Westminster, in quanto un’istituzione collegiale e competente in grado di guidare con maggiore responsabilità il destino del proprio paese rispetto ad un egocentrico ed incapace sovrano assolutista.
Concludendo, La Favorita di Yorgos Lanthimos dimostra come il genere storico possa offrire molte letture sia antropologiche che politiche anche sulla nostra contemporaneità, soprattutto quando un regista riesce sapientemente ad inserire chiavi di lettura audaci attraverso una messa in scena superba senza seguire il classico didascalismo monotono e spesso errato della narrazione degli eventi storici presi in considerazione.
Il regista greco non ha quindi paura di infondere i suoi classici stilemi in un’opera pensata per concorrere a premiazioni mainstream, dove il suo dark humor e la sua estetica asettica e geometrica spesso glaciale, ma anche calorosa nei momenti di svolta all’interno della drammaturgia del lungometraggio, rendono questa pellicola cinematografica unica nel suo genere in quanto pregna di una forte identità autoriale capace di reinventarsi attraverso la forza del genere.
Il paragone sempre più palese ormai alla filmografia di Stanley Kubrick non è un caso, infatti Orizzonti di Gloria e Il Dottor Stranamore sono un chiaro esempio di pellicole storiche uniche nel loro genere in quanto versatili ed originali nella loro narrazione e potenza estetica grazie alla loro forte impronta autoriale.
La Favorita non è da meno, persino uno come me, da sempre scettico sui classici polpettoni storici, si è dovuto ricredere.
Voto 8.5
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