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L'uomo che uccise Don Chisciotte

Regia di Terry Gilliam vedi scheda film

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Carlo Ceruti

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La recensione su L'uomo che uccise Don Chisciotte

di Carlo Ceruti
8 stelle

Rivisitazione moderna del Don Chisciotte intelligente e originale.

Gilliam, col suo stile assolutamente unico e personale, porta sullo schermo la vicenda di Don Chisciotte adattandola ad un contesto moderno. Vediamo infatti un regista volgare e avido come Adam Driver che, mentre gira il suo banale Don Chisciotte, ritrova un suo vecchio film sullo stesso tema, di quando ancora era un giovane cineasta puro e pieno di speranza. Tornato sui luoghi delle riprese in cerca di ispirazione, scopre che il suo vecchio film ha sconvolto gli abitanti e che l'attore che interpretava Don Chisciotte, cioè Jonathan Pryce, è impazzito e si crede davvero il suo personaggio. Dopo un incendio e un'altra serie di impressionanti casualità, Driver si ritrova latitante e ricercato dalla polizia, ma il novello Don Chisciotte lo scambia per il suo scudiero Sancho Panza e lo trascina con sé, quasi a forza, in mille avventure. Finiranno in un accampamento di zingari, troveranno monete d'oro, si scontreranno con altri cavalieri, incontreranno la ragazza che faceva parte del vecchio film di Driver, ora ridotta ad essere la prostituta di un orrendo magnate russo dopo aver perso le speranze di diventare una star, di cui Driver si innamorerà e poi libererà dal suo ricco 'padrone'.

L'uomo che uccise Don Chisciotte mostra molteplici analogie tra il romanzo di Miguel de Cervantes e il mondo odierno e, come il Don Chisciotte originale era un matto che predicava le leggi della cavalleria in un mondo che stava cambiando, il Don Chisciotte di Gilliam è altresì uno svitato portatore di valori sani e nobili in un mondo stupido, rozzo e volgare. La pazzia, sia nel romanzo che qui, è la metafora della diversità del personaggio rispetto al contesto che lo circonda. Attraverso Pryce/Don Chisciotte, Driver compierà un suo personale viaggio spirituale e, alla fine, quando salva la donna che ama dal terribile magnate russo, raggiungerà la sua redenzione diventando lui stesso una sorta di Don Chisciotte.

La narrazione di Gilliam è originale e intelligente e, nel suo mescolìo ambiguo di realtà e immaginazione, presente e passato, in cui, ad un certo punto, non si capisce più se quello che vede Driver sia reale o sia frutto della sua creatività sfuggitagli di mano (ma forse non c'è una risposta a questo), in cui la trama si pervade di assurdità al limite del razionale e in cui Driver sembra finito prigioniero di un suo film, riserva numerose trovate che lasciano il segno. Almeno un paio di momenti sono ricchi di poesia e, nel complesso, il film non manca di spirito e ironia.

Driver è convincente nel suo ruolo, ma ancora di più lo è Pryce nei panni del moderno Don Chisciotte. Pryce dà vita ad un cavaliere dalla triste figura buffo, imbranato e fuori di testa, ma in fondo saggio e coraggioso perché, come dice all'inizio, Don Chisciotte non può morire, poiché, per quanto il mondo possa diventare schifoso e fetido, ci sarà sempre qualcuno che, ingenuamente, lotterà contro i mulini a vento per cambiarlo.

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