Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
71 CANNES FESTIVAL 2018 - SELEZIONE UFFICIALE - FILM DI CHIUSURA
Alla fine quel furbone talentuoso di Terry Gillian ci ha fregato un po' tutti: dopo quasi tre decenni di "vorrei, ma non posso", di incidenti e sfighe, non solo il gran regista non ha fatto un vero e proprio film incentrato completamente sul leggendario personaggio un po' eroico, un po' romantico, un po' afflitto da demenza senile uscito dal talento fantasioso di Cervantes. Ma piuttosto e prima di tutto un film su un "making of", che finisce per narrare cose simili a quello che il doc. "Lost in La Mancha" ci raccontava sulle disavventure presso il set del primo film incompiuto con Johnny Deep e Jean Rochefort, recentemente deceduto e all'epoca afflitto da fastidiosi problemi di salute, troppo importanti per permettergli di affrontare un ruolo di fatto molto movimentato, se non frenetico.
La storia verte su un regista giovane che litiga col suo produttore (ma guarda un po' che coincidenza.... Branco docet), gli ruba la splendida donna (Kurylenko biondissima e sempre più bella) e, tentando di girare una "bella" di un suo giovanile corto sul personaggio mitologico de La Mancha, si imbatte in un anziano calzolaio e lo convince ad impersonare il personaggio. Peccato che poi costui, inizialmente assai recalcitrante, entri in seguito così in parte da sostituirsi e credersi davvero il nuovo Don Chisciotte, trasformando poi nel fido Sancho Panza il regista stesso, ricercato dalle autorità. Inseguimenti della polizia, l'asilo-rifugio tra i ruderi di una comunità nomade e presso un re di un passato che torna a rivivere tra costruzioni in rovina, diroccate, e paesini in pietra deluziosi, e tanto barocco di chiese e monumenti locali che tentano di sopravvivere al tempo che passa.
Alcuni spunti sono interessanti, ma dopo un'ora il film diventa un teatrino ingovernabile, che tuttavia vent'anni e più orsono Gilliam avrebbe saputo tenere a bada, diversamente da qui. In questo contesto di racconto bislacco e irrefrenabile, tutta la recente polemica che ha conteso per vie legali il regista e uno dei produttori, il poroghese Paulo Branco, e addirittura la storiella del coccolone che ha colto Gilliam poco prima di inizio festival mettendone in dubbio la partecipazione (che invece c'è stata... sia di film che di regista), ci sembrano sempre più un grottesco e furbo pretesto per far ancora più pubblicità ad un film pasticciato, non certo disastroso, ma certo non riuscito appieno.
Bravo come sempre Jonathan Pryce, impegnato in una parte molto fisica e rutilante; un po' imbarazzato Adam Driver, mentre tutto il resto del brillante cast serve più che altro a far meramente da contorno estetico ad un guazzabuglio ingovernabile.
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