Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
Esistere in funzione di un sogno, tanto da non uscire più da esso perché il legame tra uomo e personaggio è divenuto talmente forte da eliminare ogni distinzione possibile, risulta la lettura più immediata da dare all'ultima fatica di Terry Gilliam, che dopo 25 anni e passa, finalmente ce l'ha fatta a portare sul grande schermo L’Uomo che Uccise Don Chisciotte, anche se sicuramente il progetto attuale differisce sicuramente da quello originario che il regista aveva in mente. Premetto di non aver letto l'opera di Cervantes; e questo potrebbe aver pregiudicato delle possibili chiavi di lettura della pellicola, ma è anche vero che in questo modo non sono minato da eccessive sovrastrutture condizionanti. Don Chisciotte (Jonathan Pryce) è un uomo che vive un'epoca a cui non sente appartenere, essendo un cavaliere che si batte contro dei giganti; in sostanza è un personaggio in ritardo di almeno 400 anni rispetto all'epoca medioevale di cui si sente parte. In realtà Don Chisciotte è percepito come un vecchio svitato, che peregrina e combatte per il nulla contro degli enormi mulini a vento scambiati per giganti, mosso da una magnifica ossessione verso Angelica (Joana Ribeiro).
Un Don Chisciotte in potenza è il regista Toby (Adam Driver); il quale dopo un film d'esordio basato su un classico, ma con una ricerca espressiva rustica e genuina nella messa in scena, risulta invece essersi perso, poiché ha sfruttato la sua pellicola in modo da poter aprirsi le porte di Hollywood, lì dove la visionarietà del genio diviene mero marketing da mettere in mostra e dove la fantasia dei sogni viene piegata alle logiche di mercato, diventando così da elemento imprevedibile, un qualcosa di addomesticato ad uso a consumo di tutti. Toby ha smarrito sé stesso (le inquadrature sbilenche e distorte che Gilliam gli dedica, sono molte), alienandosi nello schermo del suo smartphone, incurante della nuova versione del film che sta girando e in balia della corruzione morale portata da Jacqui (Olga Kuryleko) moglie di un ricco produttore di Hollywood. Toby dovrà morire per ricominciare come Sancho Panza e diventare Don Chisciotte, muovendosi per luoghi pianeggianti dimenticati e incontrando persone di cui non ha più memoria, alla ricerca di una Dulcinea che sarà la metà del suo sogno. Don Chisciotte è un retro-pioniere, vive in un'epoca di ideali tramontati se non morti, poiché uccisi dal moderno razionalismo materialista, in cui ovviamente non si riconosce. Lo spaesamento di Toby innanzi all'ex-calzolaio Xavier, che oramai si identifica totalmente nel personaggio di Don Chisciotte come l’Enrico IV Pirandelliano, è speculare a quello di noi spettatori che non riusciamo ad andare “oltre" le lande desolate e gli antichi edifici in rovina; per Toby sono niente, per Don Chisciotte sono mondi colmi di nobili avventure.
Il mondo appartiene ai razionalisti oggettivi purtroppo, ed i geni testardi, ma forse sarebbe meglio dire visionari, come Don Chisciotte sono destinati al massimo ad essere esibiti come oggetti kitsch per ammazzare la noia con le risate, di soggetti stanti in posizione apicale come “il capo" (che organizza una festa in un antico edificio che sa tanto di Babilonia Hollywoodiama in costume, complice anche la fotografia), un potente e ricchissimo russo da compiacere come si deve fare Trump. In sostanza la nuova destra reazionaria imbriglia la visionarietà del genio, per farne mero oggetto di curiosità kitsch, da godere tra un piatto di cibo e l'altro. Quando la caparbietà del genio finisce con il divenire troppo difficile da controllare, il potere farà di tutto per armare la mano dell'uomo che dovrà uccidere Don Chisciotte per riportare tutto sotto controllo. Ma finché esisteranno dei folli (perché non capiti dai mediocri conformisti) retro-pionieri come Don Chisciotte, il vento che muove il vento le pale dei mulini/eoliche, non cesserà mai di soffiare perché il mezzo cinema consentirà (seppur in minor quantità e per quei pochi che vogliono affrontare certe avventure; in sala eravamo solo in 6 di noi) di far vivere queste avventure in eterno (come il dvd che permette di rivedere un film in eterno). Certamente è una pellicola che risente degli oltre 20 anni di gestazione e vicende produttive, nuovi attori (Adam Driver ciofeca di Star Wars VII a parte, si sta facendo una bella filmografia) Gilliam con soli 17 milioni fa' miracoli, creando un interessante connubio in certi punti disarticolato, tra un presente kitsch e materialista, ed un passato vissuto dalla propria proiezione individuale del sogno.
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