Regia di Antonio Maria Castaldo vedi scheda film
Giuseppe Patroni Griffi è stata una figura di indubbia rilevanza nel panorama culturale italiano del dopoguerra, un drammaturgo forse poco conosciuto dalle giovani generazioni di oggi, ma che fra gli anni Cinquanta e i Settanta era una delle voci più originali, anticonformiste e provocatorie della scena italiana. Questo documentario, prodotto fra l’altro dall’Istituto Luce, ne rievoca la vivacita’ intellettuale e i contributi letterari grazie a testimonianze di prim’ordine, fra cui quelle del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, dello scrittore Raffaele La Capria, del critico Valerio Caprara, di attori come Massimo Ranieri o Kaspar Capparoni, della produttrice Marina Cicogna, del direttore della fotografia Vittorio Storaro. E’ un ritratto in punta di piedi, non agiografico o celebrativo, svolto con rigore e precisione dal regista Antonio Castaldo che ha dato il giusto spazio alle interviste, fra cui un’apparizione dello stesso Patroni Griffi al Maurizio Costanzo Show di tanti anni fa, a materiali d’archivio, ad alcune animazioni realizzate ad hoc, ad estratti da romanzi, fra cui il più lungo è un brano abbastanza crudo e duro tratto da “Scende giù per Toledo” che ci descrive la vita di Rosalinda sprint, un femminiello di altri tempi, un’epoca in cui c’era sicuramente più ignoranza e ostilità verso queste tematiche, ma in cui l’omosessualità non era stata ancora omologata come lo sarebbe diventata in seguito. Fra le tante curiosità e aneddoti che lo spettatore apprende, l’odio viscerale di Patroni Griffi verso la censura, la necessità di destabilizzare un pubblico borghese abituato a fare sonni tranquilli, il ruolo quasi sacro e religioso affidato alla sessualità, la passione smodata per il gelato (come il Leopardi di “Il giovane favoloso”), il potere magico e incantatorio della parola nella sua accezione più aulica ed aristocratica, come l’autore dimostrerà ampiamente in romanzi come “La morte della bellezza” (che personalmente ho scoperto grazie ad un gruppo di lettura romano, iniziativa meritoria e sempre più rara ai nostri giorni). Un universo inevitabilmente decadente ed estetizzante che non poteva non guardare alla lezione del suo maestro Luchino Visconti, anche se bisogna ammettere che il lascito cinematografico di Patroni Griffi è sicuramente meno interessante e compiuto di quanto abbia dato alle tavole del palcoscenico, sia come drammaturgo che regista teatrale, sia come scrittore di romanzi (il suo unico film da me visto è l’inguardabile “La gabbia” con Laura Antonelli e Tony Musante).
E un ricordo anche del Patroni Griffi regista d'opera lirica, con le due memorabili messinscene televisive di "Tosca" e "La traviata a Parigi", col contributo del direttore d'orchestra Zubin Mehta, entrambe trasmesse in mondovisione e premiate con l'Emmy e un grande successo di pubblico internazionale. “Metti, una sera a cena con Peppino” è un invito garbato a tornare alle radici culturali della nostra contemporaneità, mostrando Patroni Griffi in una luce disadorna che è quella che lui stesso avrebbe desiderato per descrivere se stesso, fra l'altro anche con brani di filmini familiari e personali. E’ anche un film girato con buona padronanza espressiva del mezzo, in 67 minuti che passano velocemente, senza annoiare. Disponibile su Rai Play.
Voto 6/10
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