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Captive State

Regia di Rupert Wyatt vedi scheda film

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La recensione su Captive State

di Furetto60
6 stelle

Film di "fantascienza politica". Non male

 Siamo nel 2027, in una Chicago abbrutita e degradata, dieci anni dopo che il pianeta è stato invaso da crudeli extraterrestri, che dopo una breve guerra, ne hanno preso il controllo. Si fanno chiamare legislatori, in quanto fanno e disfano le leggi a loro uso e consumo, gestendo in dittatura il pianeta, vivono nel sottosuolo e utilizzano le risorse che gli umani sono costretti a procurargli. Esercitano un potere che si impone attraverso messaggi subliminali,  distorcendo la realtà attraverso “fake news”, che finge di essere dalla parte del popolo e intanto ne impedisce la libertà di espressione, concede privilegi solo a chi subisce la loro supremazia e priva dei diritti fondamentali quelli che si oppongono, hanno il controllo di ogni singolo individuo, grazie a delle cimici, introdotte nel corpo, e ad un sofisticato programma di monitoraggio, cui non sfugge nulla. Nessun movimento, nessuna conversazione, nessuna azione è possibile senza essere intercettata da tale sorta di “Grande Fratello”. Gli abitanti della terra si sono tristemente divisi in due fazioni, quelli che e sono la maggior parte, accettano il neonato governo e ne sono complici collaborativi e poi coloro che, uno sparuto gruppo di disubbidienti, cerca di sovvertire questa dolorosa situazione di sottomissione. Due Fratelli, sopravvissuti ad un raid alieno, durante cui sono stati uccisi i loro genitori, all’epoca dell’invasione, hanno preso strade diverse: Rafe Il più grande, dato per disperso è invece vivo, si è unito alla resistenza e guida un piccolo manipolo di ribelli. Dopo un primo tentativo, conclusosi con l’annientamento di chi voleva ribaltare l’ordine delle cose, una nuova cellula di insospettabili” la fenice” progetta la distruzione del sistema centrale di controllo. L’occasione sarà data da un grosso evento sportivo, a cui concederanno l’onore della loro presenza proprio i nuovi padroni. Questa azione potrebbe dare un grosso smacco agli alieni e consentire l’avvio della liberazione della razza umana. Gabriel lavora a chip di cellulari da cui vengono estratti i dati per gli archivi degli invasori, sta però escogitando una fuga dalla città, tuttavia i suoi piani saranno stravolti dal ritorno del fratello Rafe, nonché dai piani terroristici della resistenza, tenuti d’occhio dal detective Muligann che gli sta alle calcagna, con in serbo una sorpresa,per seguire le gesta della “Fenice”, e i suoi stratagemmi per comunicare eludendo i controlli. Quando dopo il fallimentare attacco, ci sarà una dura rappresaglia, qualcuno saggio dirà : “Accendi un fiammifero, scatena una guerra” .Il regista Rupert Wyatt, riporta dunque ancora un volta e sono tante, guardando alla recente cinematografia, gli extraterrestri sulla Terra, che stavolta a differenza per esempio di Terminal, sono decisamente ostili e con scopi di predazione. Riesce a confezionare una storia che somma diversi generi cinematografici. Captive State è un film distopico, vista la realtà post apocalittica che descrive, con un’umanità in schiavitù e costretta a sopravvivere, nei bassifondi, ma allo stesso tempo non si priva della classica “sci-fi, “condita da un bel po’ d’action. Ma forse l’aspetto più importante è quello della denuncia. La trama evoca chiaramente i regimi dittatoriali, che non sono parto di fantasie, ma sono realtà ancora attuali. Le scene più emotivamente “cariche” sono quelle in cui uno stadio pieno di gente si prepara ad accogliere la visita dei “tiranni”. Con un tripudio di standing ovation, bande marcianti, inni cantati dal vivo e discorsi d’elogio, pieni di gratitudine per la nuova “pace universale” portata da chi è giunto da lontano, per ricondurre sulla retta via gli umani, che stavano prendendo una pericolosa deriva.Mi vengono in mente per associazione di idee, le agghiaccianti scenografiche parate, che il regime nazista organizzava spesso, alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Captive State è un ritorno alla fantascienza, cosiddetta “di resistenza politica”, come fatto di recente da Neill Blomkamp, con il suo District 9 o da un certo cinema americano, fortemente patriottico alla “Independence Day,” per intenderci, ma con una differenza sostanziale, gli alieni, stavolta non sono l'incarnazione dello straniero, che mette in crisi i valori universali, insiti nella cultura americana, ma rappresentano una distorsione del potere in generale, le derive corruttive di certa politica “farlocco” . Anche se non originale e in qualche passaggio anche un po’ contorto, il film ha un suo fascino. Pur presentando scene di azione anche concitata, Captive State, anche per necessità produttive, rinuncia a un uso eccessivo degli effetti speciali. Per quanto riguarda gli attori, esemplare John Goodman nel ruolo dell’ambiguo agente William Mulligan, diviso tra la lealtà all’ex collega, morto per mano degli alieni, e il suo ruolo istituzionale al servizio del nemico. La fascinosa e brava Vera Farmiga nei panni di una prostituta, in realtà la “numero 1°” al servizio della resistenza, in incognito. Poi i giovani Ashton Sanders e Jonathan Majors, quali fratelli ribelli pronti alla rivoluzione. Una sceneggiatura, più che convincente, svela la storia un po’ alla volta, fino a giungere ai colpi di scena finali. Ottima la fotografia, con i suoi toni plumbei, che rende ancora più soffocante il quadro.

 

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