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Captive State

Regia di Rupert Wyatt vedi scheda film

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La recensione su Captive State

di alan smithee
4 stelle

Da ormai quasi un decennio l'invasione aliena del pianeta Terra ha costretto l'umanità a  vivere come dominati e vinti: non una vita da schiavi, ma piuttosto da sottomessi, ognuno comunque legato alla propria realtà, ma tenuto all'osservanza di regole di base e comportamentali che non ammettono deroghe. Nel contempo gli invasori continuano la loro azione di perlustrazione e sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo terrestre.

Gabe è ormai un ventenne, ha un fratello che ha militato nella resistenza, e genitori defunti considerati eroi grazie alla loro azione dissidente e di ribellione inutilmente organizzata a loro scapito nove anni prima.

 

 

Mentre Gabe organizza la sua fuga e per questo viene in contatto con l'ultima cordata di oppositori ancora in azione, seguiamo anche le vicende parallele ma poi convergenti che occupano altri personaggi, tra cui il poliziotto William Mulligan (un torvo John Goodman), che tenta pure lui di arrivare a qualcosa di concreto.

Da un regista di actions medio come Rupert Wyatt, (suo il medio ma accattivante "L'alba del pianeta delle scimmie"), Captive State parte con premesse molto favorevoli, stuzzicanti, ma spreca molto presto le sue potenzialità di base, camuffandosi semplicemente sotto forma di film fantascientifico, ma scordandosi di coltivare quell'aspetto, a scapito di una vicenda di resistenza da una minaccia davvero troppo sbrigativamente e superficialmente sviscerata.

 

 

Inutile affidarsi alle veloci apparizioni dei mostri alieni, resi inquietanti da un uso di effetti fulminei, validi ed efficaci per la durata di qualche attimo, ma poi scordati all'interno di una vicenda partigiana che viene sciorinata in tutta la sua consueta e già ampiamente vista burocrazia di resistenza che non lascia spazio più ad alcun momento di sorpresa o suspence.  

In questo senso il film appare come un tentativo ibrido scientemente pianificato di accontentare più palati, ma risultando alla fine quasi sempre inefficace a rendersi visivamente e narrativamente piacevole almeno al minimo sindacale, francamente dato erroneamente per scontato a scatola chiusa. 

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