Regia di Alessandro Blasetti vedi scheda film
Film dalle due facce, entrambe di clamoroso impatto.
La cena delle beffe è un'opera che si diverte, prendendosi gioco dello spettatore per la maggior parte della sua durata. La sua connotazione goliardica, le battute crasse e pungenti, le gag disseminate ovunque, la colonna sonora spesso scanzonata sembrerebbero situare il film nella penombra della commedia nera, che lambisce la dimensione del dramma ma ne rimane un oggetto ben distinto. Il cambio di registro del film diventa evidente solo nello sguardo improvvisamente maligno del Giannettaccio, quando egli s'accorge che la situazione sta volgendo rapidamente verso un ripristino dello status quo: Neri vincitore, e il Giannetto sottomesso e oggetto dell'altrui scherno. La beffa, che fino a quel momento era stata utilizzata dal Giannetto quale strumento di rivalsa, di parificazione del torto, quasi di giustizia, per quanto arbitraria, trascende infine la sua stessa natura per divenire l'estremo giudice delle loro esistenze. «Non è la vita un giuoco con la morte?», domanda, il Giannetto, al suo fidato servo Fazio. Non è più la concubina Ginevra, o la reputazione in città, l'oggetto del contendere, ma la vita. L'autoconsapevolezza annerisce l'anima di Giannetto: il destino mi vuole inferiore a Neri, e quindi debbo eliminarlo, né il compromesso né larvate forme di giustizia personale sono sufficienti a darmi soddisfazione. Mette in conto il rischio di essere maledetto per sempre, per il suo gesto - rinnegando i suoi principi - pur di riscattare il suo complesso di inferiorità. Scompare il Giannetto timido dell'amor cortese, che incassava le busse senza reagire: probabilmente sgorga il suo reale io, vigliacco e mentitore.
Il Mereghetti annota correttamente la componente omosessuale nel rapporto malato fra i protagonisti maschili della pellicola. Il film ha un'anima palesemente maschio-centrica: gli uomini si scontrano, gli uomini decidono i reciproci destini e sottomettono la donna alla propria pulsione. Abbiamo due generi di donna, la svergognata Ginevra e la buona Lisabetta, accomunate dal loro fallimento. Ginevra è un trofeo che gli uomini si scambiano, o bramano nel chiuso del proprio desiderio inconfessabile; ma la posseggono e la bramano, sempre, per affermare il proprio sé; Lisabetta, invece, non è in grado di salvare Neri, perché in lui la tensione verso l'annullamento dell'altro è più forte di tutto, dell'amore, ma anche dell'istinto di autoconservazione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta