Regia di José Pedro Lopes vedi scheda film
Opera prima, girata in bianco e nero, suddivisa in due diversi momenti narrativi. Nonostante questa dicotomia danneggi fortemente il contenuto profondanente tragico e romantico della prima parte, l'ottimo montaggio e il senso del ritmo non fa rimpiangere il tempo speso nella visione.
Portogallo. L'attempato Ricardo (Jorge Mota) decide di togliersi la vita. Per farlo si addentra in una foresta che è purtroppo molto trafficata da chi intende farla finita. Qui incontra la giovane Carolina (Daniela Love), anch'essa in apparenza intenzionata a compiere un gesto estremo. Ricardo è ossessionato dal suicidio compiuto proprio nella foresta, all'interno di un lago, dalla figlia Irene (Lília Lopes), mentre meno chiare sono le motivazioni di Carolina.
"La tristezza durerà per sempre. Questo è quello che disse Van Gogh, a suo fratello Theo prima di morire. Questo è un luogo per chi vede nel suicidio un gesto di grande consolazione, un posto dove sopravvivere a notti insonni. Forse, a causa di questo, centinaia di persone ogni anno vengono qui. Per stare lontano da tutto e da tutti. Perché la tristezza deve finire." (Carolina)
Dopo una lunga serie di cortometraggi, José Pedro Lopes decide di esordire con questo singolare A floresta das almas perdidas, girato in un suggestivo bianco e nero e con un appropriata -malinconica- colonna sonora. La scelta di ambientare il film per oltre metà tempo all'interno della foresta (evidentemente ispirata da quella realmente esistente in Giappone, Aokigahara o Jukai) appare indovinata e anche se la reale location è spagnola (non portoghese), le riprese grigie e inquietanti, tra cadaveri in decomposizione e resti di sconosciuti suicidatisi, contribuiscono a catalizzare l'attenzione dello spettatore. Già peraltro ipnotizzato da dialoghi romantici che si fondono -con pertinenza- alle malinconiche sonorità musicali. Peccato solo che poi Lopes, a circa meta tempo, decida di svoltare bruscamente guidando il film in direzione del più pragmatico (e per nulla emozionante) sottogenere home invasion. La deriva su territori più concreti del thriller (peraltro fine a se stesso e piuttosto scorretto), sminuisce un tantino l'alta qualità del girato. Che resta, beninteso, di certo interessante e meritevole di visione, data anche la limitata durata (circa 70 minuti).
Curiosità
In maniera evidentemente allusiva, Carolina cita a Ricardo un romanzo di Johann Wolfgang Goethe: I dolori del giovane Werther. Si tratta di un'opera epistolare che racconta di come il protagonista che da titolo al libro, innamorato di una donna già promessa sposa, decide di togliersi la vita per non turbare il matrimonio. Gli sposi, per una sarcastica beffa del destino, non parteciperanno nemmeno al rito funebre di Werther.
"Il futuro é solo vecchiaia, sofferenza e malattia (...) Vivere non è un privilegio così grande." (Carolina)
"Per quanto mi sia divertita in questa storia, sono sempre più triste. Per tutte le notti insonni, lontano da tutti e da tutto, io sarò sempre qui per porre fine alla tua tristezza." (Carolina)
Dalla OST di Emanuel Gracio
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