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Belle époque

Regia di Fernando Trueba vedi scheda film

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Stefano L

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La recensione su Belle époque

di Stefano L
7 stelle

 

Accolta con un inaspettato successo di critica, “Belle époque” è una vivace black-comedy sulle (dis)avventure di Fernando (Jorge Sanz, abbastanza convincente), un defezionista dell’esercito della Repubblica che, durante l’affannata fuga, fa amicizia con Don Manolo (Fernando Fernán Gómez) in un bordello locale. I due passano la serata insieme, il dì antecedente alla ripartenza di Fernando; il ventenne, la mattina seguente, aspetta il treno per allontanarsi da quella regione, quando tutto a un tratto vede arrivare alla stazione le quattro attraenti figlie di Manolo: la neo-vedova Clara (Miriam Díaz-Aroca), la sexy Violeta (Ariadna Gil), l'esuberante Rocío (Maribel Verdú) e la minorenne Luz (Penélope Cruz). Fingendo un imprevisto, con un po’ di fatica, persuade il padre delle dame ad alloggiare qualche giorno in più nella magione, in modo prendersi tempo per corteggiare le fanciulle… Da lì il plot dipanerà un groviglio di delusioni, fraintendimenti e caustiche calamità con le ragazze. Il tono scafato e ilare della pellicola è raccordato ad un’inflessione narrativa in grado di coniugare il registro romantico e leggero a quello sensuale, senza distanziarsi troppo dalla natura vezzosa ed irriverente del soggetto. Il concetto di “libertà” politica, religiosa, passionale si trasforma in un’allegoria ambigua nei sottotesti relativi ai burrascosi episodi dei vari personaggi, allacciandosi irrefutabilmente al contesto storico in corso. Non mancano, ad esempio, i risvolti grotteschi, focalizzati sul declino delle “sanzioni” adottate dalla Chiesa, e orchestrati in uno stoico, divertentissimo sviluppo dell’intreccio, nel quale ad esempio una delle giovani schernisce il petulante spasimante, ridicolo aristocratico mammone. L’estromissione dalla monarchia presume un sovvertimento delle posizioni individuali che può diventare un’arma a doppio taglio; il rovesciamento femminista dell’humus sociale è evidente nel sardonico frangente in cui il “povero” protaganista è forzato a vestirsi da donna per la festa di ballo paesana, ove sarà oggetto di lusinghe da parte della più “mascolina” delle sorelle (intelligente stravolgimento di funzioni, con una bollente e non invasiva ribaltina). Pur diluendosi in una formula vicina alla feuilleton in costume, “Belle époque” di Trueba si conferma dunque godibilissimo, innocente, nostalgico. La vittoria agli oscar, comunque, è stata probabilmente un colpo di natiche.

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