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Un uomo tranquillo

Regia di Hans Petter Moland vedi scheda film

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La recensione su Un uomo tranquillo

di alan smithee
5 stelle

Capita ormai quasi in modo routinario che registi talentuosi di horror o action vengano chiamati da majors anglo-americane per sfornare un remake a poca distanza dall'opera che li ha resi celebri e fatti apprezzare.

Come successe già venticinque anni fa per quel piccolo gioiellino di tensione che fu Il guardiano di notte (1994) del danese Ole Bornedal, rifatto solo tre anni dopo dallo stesso con più soldi e star col titolo di Nightwatch (copia sbiadita seppur di lusso del ben migliore originale), ecco che la storia si ripete oggi con Un uomo tranquillo, remake con capitali anglosassoni del valido e concitato thriller In ordine di sparizione.

La storia, parimenti al caso già citato, assolutamente identica, ma con star americane di primo piano.

La vita quieta ma operativa e dinamica dell'onesto autista di spazzaneve Nels viene turbata da una tragedia: il figlio viene trovato morto a seguito di una overdose: il padre e la madre sono sconvolti oltre che per la tragedia, anche al pensiero di essere sempre stati allo scuro della grave dipendenza che le tragiche circostanze addossano sul figlio.

In realtà la dinamica dei fatti è ben diversa, ed il padre, mutando radicalmente atteggiamento e metodi risolutivi per scoprire la oscura e tortuosa verità, riuscirà ad arrivare a scoprire la pista giusta, disseminando una scia di morte tra la catena dei vari colpevoli, in qualche modo implicati nell'oscura e sanguinosa vicenda nata con un furto di una partita di droga ad un boss della malavita.

"In ordine di sparizione", datato 2014, pur non scendendo troppo a fondo nelle psicologie dei vari personaggi (e vittime) coinvolte nella mattanza, forniva una dinamica robusta ed attanagliante che rendeva il thriller un esempio riuscito e ben congegnato di congegno ad orologeria in grado di distinguersi tra la folta produzione di noir sanguinolenti, anche di provenienza nordica.

Qui, in questo sciatto remake forte di capitali certamente più cospicui, a parte l'errore imperdonabile di non riuscire ad amalgamare l'appeal irresistibile di due attori non più giovanissimi ma fisicamente ancora molto attraenti e visivamente perfetti a formare una coppia come Liam Neeson e Laura Dern (quest'ultima poi sottoutilizzata in modo scandaloso), resta davvero poco da salvare: forse la forma fisica di un Neeson che pare incredibile possa contare 66 primavere, dimostrandone quasi 20 in meno.

Il resto scorre in modo inerte, e nemmeno il paesaggio, nel primo film fondamentale ed indimenticabile, qui riesce a farsi notare, nonostante l'indubbia presenza scenica.

Un remake diretto in fretta e furia, senza la minima ispirazione o la voglia di ripetersi con la stessa verve che ha ispirato il dinamico regista norvegese Hans Petter Moland durante la direzione dell'originale.

 

 
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