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Skinheads

Regia di Geoffrey Wright vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Skinheads

di eloiseshf
10 stelle

Prima di tutto, un chiarimento. Il film non è un risposta australiana ad "American History X". "Romper Stomper" (titolo originale difficilmente traducibile che si riferisce ad una filastrocca per bambini e dà l'idea di qualcosa che si muove velocemente calpestando) precede di sei anni il film USA, anche se in Italia è stato riscoperto solo col successo del protagonista, Russell Crowe. Quindi, è proprio "R.S." a porre le basi per "AHX" e, per certi versi, "The Believer". Il film di Wright è il primo imperniato sulla figura di un leader naziskin carismatico, complesso e fortemente erotizzato. Insomma, un ragazzo che avrebbe potuto essere "qualcuno" e invece si ritrova a fare da capobranco ad un gruppo di falliti che potrebbero aspirare al massimo ad essere innocui. Grazie a Crowe, il ruolo dello skinhead diventa un banco di prova per altri attori di grande talento e notevole fisicità come Edward Norton (AHX) e Ryan Gosling (The Believer). La presenza di una figura maschile tanto negativa quanto magnetica è condivisa da tutti e tre i film, così come l'accusa di una possibile glorificazione del neonazismo, motivata anche da un punto di vista "interno" apparentemente privo di filtri morali. Questa mancanza di mediazione etica è solo apparente, almeno per quel che riguarda il film australiano, che a ben vedere non è solo il più genuinamente antirazzista dei tre, ma forse anche il più riuscito nel mettere in relazione il fenomeno neonazista con l'ambiente in cui si sviluppa. A Wright preme dimostrara le incoerenze intrinseche del razzismo, smascherato come pregiudizio costretto ad inventarsi criteri discriminatori sempre diversi e ipocriti proprio perchè le differenze razziali oggettive non esistono e "diversi" potrebbero esserlo tutti. L'Australia si rivela una cartina di tornasole efficacissima per questa dimostrazione, visto che è subito chiaro che gli skinhead xenofobi sono loro stessi immigrati recenti. Le pretese di purezza etnica sono nate morte, proprio come il tentativo di Hando (Russell Crowe) di trasformare la sua gang in una famiglia con legami che vadano oltre i pestaggi, le sbronze e le risse. E' un'immigrata non assimilata che non parla inglese la nonna di Davey (Daniel Pollock), il braccio destro di Hando. Lo skinhead Sonny è di origini italiane, proprio come la pasta che Hando si rifiuta di mangiare perchè "m***a mediterranea". E' una drogata epilettica Gabrielle, che si unisce alla teppa dando vita ad un triangolo con Hando e Davey. Sono Maori i tatuaggi che Hando mette sulla propria pelle assieme alle svastiche, con buona pace dell'orgoglio bianco. "Romper Stomper" vive di questi sottili, ma devastanti, dettagli che sgretolano le aberranti convinzioni dei suoi personaggi. Anche il triangolo sentimentale, la parte più convenzionale del film, prende forza nel finale solo apparentemente consolatorio. Hando giace ucciso da Davey, mentre Davey e Gabrielle restano fermi guardando inermi un gruppo di turisti asiatici che filma la scena ridendo. "A costo di essere didascalico, col finale volevo ribadire che sono i soldi e il potere a delineare il razzismo, a fare la differenza tra il vietnamita operaio e il giapponese con la videocamera" ha commentato Wright. Morto Hando, Davey e Gabrielle sono veramente liberi dall'odio o sono solo marionette coi fili spezzati in attesa di un altro burattinaio che li raccatti, così da riprendere a pestare l'immigrato e strisciare davanti al turista?  Se alcuni simbolismi possono apparire pesanti e artificiosi (ad esempio, la pistola finta che sembra vera e che costerà la vita al più giovane dei naziskin per rappresentare le conseguenze sempre tragiche della volenza come "gioco da ragazzi") nella sua messa in scena viscerale punteggiata da paradossi ed interrogativi tanto sottili quanto inesorabili (un contrasto ripreso a meraviglia nella performance colossale e sfumata di Crowe), "Romper Stomper"  è un film che ha moltissimo da dire e da chiedere sui sempre variati e mai convincenti pretesti per l'odio razziale.

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