Regia di F.J. Ossang vedi scheda film
TFF 35 - TFFDOC/VIAGGIO
Un uomo fuma in stazione, ma la polizia cerca i responsabili di una rapina e, ritenutolo uno di essi, inizia a seguirlo. Il suo fuggire lo rende colpevole a priori e, dopo essersi imbattuto in un uomo ferito a morte che gli consegna una valigetta, sarà poco dopo acciuffato dagli altri 9 membri della banda e condotto assieme a loro a bordo di un cargo. Destinazione Nowhereland, che nessuno sa dove sia e se ci sia veramente.
Intanto il mare mosso e una sostanza chimica si cui si dimostra carica la nave, ovvero il polonio, sta contagiando tutti i membri dell'imbarcazione. L'arrivo di un seducente e misterioso dottore non farà che dividere in due gruppi i superstiti, protesi a contendersi il bottino, la salvezza e il nuovo mondo che appare all'orizzonte.
Alcune frasi magiche:
-"Le città sono come le puttane: si innamorano sempre del loro magnaccia".
-"La cenere comincia l'opera, la natura la prosegue".
-"Mi sembra di vivere situazioni già vissute...come se ci fosse una maledizione su questo cargo".
-"Siamo legati tra di noi come le dita di una mano....salvo la possibilità di tagliare via il dito che si ribella".
9 Dwight è cinema d'effetto, cinema che guarda al passato, al noir anni '40 e Ossang forse cita quel citazionista geniale di Guy Maddin nel confezionare questo enigmatico imbroglio tutto incognite, effetto chiaro scuro, riflessioni morali e sensi di colpa che affliggono furfanti astuti ma non senza rimorsi. Maddin e il noir morale di Bela Tarr L'uomo di Londra, con cui condivide un bianco e nero strepitoso soprattutro quando il mare è il tempesta ed il cielo non promette nulla di buono.
Cinema autocelebrativo e fine a se stesso, si potrebbe obiettare: certo, ma anche un cinema che si fa forza all'atmosfera retrò per ritrovare il clima degli anni d'oro del noir.
Almeno quattro gli attori di razza che riconosciamo tra le dita di due mani (meno uno): Paul Lamy, combattuto protagonista afflirto da sensi di colpa che lo fanno finire invischiato in affari troppo grossi, Pascal Gregory, Gaspard Ulliel, dottore cinico e affascinante, e Damien Bonnard di Rester vertical.
Un cinema che va affrontato predisponendosi senza farsi troppe domande, per essere gustato nelle singole atmosfere che emergono dai vari scenari, senza preoccuparsi troppo se i dettagli della vicenda rimangono un ostacolo difficile da scavalcare.
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