Regia di Cristian Scardigno vedi scheda film
A volte, pur intuendone le ragioni, si fatica a comprendere il significato di certe operazioni. Non c’è ne vogliano dunque i produttori di Teen Star Academy e neanche il suo regista se, al termine della proiezione, non riusciamo a trovare un motivo in grado di giustificare la sua uscita nelle sale cinematografiche. Il lungometraggio di Cristian Scardigno, infatti, dichiara sia nella forma che nei contenuti la propria affinità con il mezzo televisivo, al quale Teen Star Academy ruba un tipo di narrazione alquanto semplificata, organizzata com’è sull’accumulazione di segmenti narrativi – quasi sempre coincidenti con le esibizione del talento artistico dei giovanissimi virgulti – fatti apposta per essere infarciti di spot pubblicitari, con un’estetica caratterizzata da quella fotografia piatta e senza ombre normalmente utilizzata nei varietà televisivi, e qui perfettamente in linea con il materiale umano e artistico contenuto nella storia del film. La quale, nel raccontare le dinamiche all’interno di una scuola per bambini particolarmente dotati nelle discipline dello spettacolo, e con la scusa di argomentare la sfida tra le due squadre di allievi che a suon di performance canore, danzanti e musicali si contendono il premio messo in palio da uno svagato talent scout (il John Savage de Il cacciatore e di Maria’s Lovers), altro non fa che imitare il format dei molti talent show di cui sono pieni i palinsesti delle reti pubbliche e private.
Con un intreccio ridotto allo zero e una narrazione occupata per buona parte dai siparietti messi in piedi dagli scalmanati minorenni, il film tenta di alzare il proprio tasso di credibilità con una compagine di adulti a cui spetta il compito di “traghettare” i baby attori verso il saggio di fine d’anno. In questo senso l’esempio dei nostri cine panettoni ci aiuta a spiegare allo spettatore cosa andrà a vedere, poiché almeno a livello produttivo, la scelta di una location come la costiera del sud della Francia (con Montecarlo e Nizza in prima fila) – capace da sola di richiamare l’universo “spettacolare” entro il quale si svolge la vicenda – unita alla presenza di volti ingaggiati più per motivi di riconoscibilità che per doti di interpretative (del cast fa parte anche la presentatrice Adriana Volpe), così come l’idea di procedere incrociando le micro storie relative alla miriade di personaggi che danno vita alla vicenda, non può non ricordare le strategie cinematografiche viste ogni anno nei film di De Sica e company. Peccato però che anche da questo punto di vista non riesca a uscire dall’anonimato a cui viene relegato dall’inconsistenza delle sue componenti.
(pubblicato su taxidrivers.it)
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