Regia di Wolfgang Fischer vedi scheda film
Una dottoressa (Wolff) si mette in viaggio da sola a bordo della sua barca a vela di 12 metri, circumnavigando le coste d'Africa per arrivare nell'incontaminata isola di Assunzione, una meraviglia progettata da un allievo di Darwin. Non ci arriverà mai: strada facendo si imbatte in un peschereccio in avaria con a bordo centinaia di migranti. Ne salva uno (Wekesa), un ragazzino di 14 anni che, come tanti, si è gettato in mare nel disperato tentativo di salvarsi, pur non sapendo nuotare. Nonostante le continue chiamate di soccorso alla Guardia Costiera, la donna si trova nelle condizioni di non sapere se tentare un'impresa disperata (la sua barca non reggerebbe il peso di tutta quella gente) o attenersi al protocollo del diritto marittimo e abbandonare la scena.
Ci sono voluti nove anni al regista tedesco Wolfgang Fischer per portare nelle sale questo film di rara potenza fisica ed emotiva, con pochissimi dialoghi, basato soprattutto sulla fatica muscolare di una donna poliedrica, capace, volitiva. Un film spartiacque che riecheggia solo formalmente All is lost, ma tutto spostato sul sul tema dei flussi migratori alla ricerca di nuove rotte (le coste del Brasile, il giro lungo tutta la costa orientale dell'Atlantico) a seguito della chiusura almeno parziale delle porte del Mediterraneo. Quel Mediterraneo trasformato metaforicamente in Stige (lo Styx del titolo), il nome del fiume infernale che - per i greci - separava i morti dai vivi. Non a caso, il film parte da Gibilterra, le colonne d'Ercole che segnano il confine tra due mondi, con scimmie che girano liberamente a un passo dalla "civilissima" Spagna. A tanto rigore drammaturgico e di concept, si somma l'assenza quasi totale di effetti speciali, con scene - come quella della tempesta, terribile - girate "dal vero". Imperdibile.
Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Berlino.
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