Regia di Felix Randau vedi scheda film
La battaglia è ogni giorno. Con la natura immensa che tutto sovrasta. Gli alti abeti e le montagne e il vento che schiaffeggia l’erba e la pioggia che martella la roccia e i corpi esposti, il gelo e il ghiaccio, che attanagliano tutto in una morsa senz’anima, così essenziale da lasciare senza fiato. E le bestie da uccidere o da allevare per sfamarsi. E la donna, l’uomo da possedere carnalmente, quando si deve e dove capita. La guerra con l’altro è atavica, compenetrata nel tutto che domina, incombe, regola e decide.
È un film in cui a farla da padrona è Madre Natura, questo sorprendente Ötzi - L'ultimo cacciatore del regista tedesco Felix Randau (Calling Game, 2007), opera quasi muta da un punto di vista dei dialoghi - non certo dei suoni - dal momento che i pochissimi rapporti verbali si svolgono in protoretico, una lingua paleocenica ancora utilizzata circa cinquemila anni fa (Neolitico) sulle Alpi Venoste, nel labile confine fra Italia e Austria.
Suoni, si diceva, e rumori: vento, pioggia, bestie, umani, soffio d’aria e ticchettio, belar di capre, ruggire d’orsi e ansimi, grida e grugniti. Tutto riempie l’udito di chi guarda questo trionfo del creato. E la fotografia di quest’opera filmica torreggia nell’insieme che, comunque, ha punti di forza anche nel ritmo del montaggio e nella capacità dimostrata dalla regia di legare tutti i pezzi creando un insieme armonico per una visione di piena soddisfazione.
Degli attori impegnati in questo film sappiano molto poco (è una personale amissione), fatta eccezione per il protagonista Jürgen Vogel che vedemmo, nel 2008, impersonare un carismatico quanto incauto insegnante nell’intelligente e graffiante L’onda (Dennis Gansel) e per André Hennicke, fra gli ufficiali nazisti dell’ottimo La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler (2004, Oliver Hirschbiegel). Il cast (anche un cameo del nostro Franco Nero), in ogni caso, ha il merito di seguire con naturalezza ciò che è richiesto dallo spirito dello script (dello stesso Randau) e, così facendo, di regalare agli spettatori l’idea di un’umanità primigenia, da cui traspare un fatalismo e un’accettazione della spietatezza del destino che tanto bene farebbero se insegnati al giorno d’oggi nelle aule delle nostre scuole.
Ötzi resta un piccolo film, non per tutti, lì dove l’assenza di veri e propri dialoghi non è terreno cinematografico facile da calcare. Ma è senza dubbio consigliabile, in particolare per una visione di famiglia, con bambini cui spiegare qualcosa di più sulla storia della Terra e dell’Uomo, aiutati da una pellicola che potrebbe scivolare nel documentarismo, ma che – e qui sta il merito degli autori – resta comunque un fiero, audace capitolo di cinema. Voto 8.
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