Regia di Olivier Assayas vedi scheda film
Arde alta la fiamma della giovinezza nella notte solitaria. Assayas, allievo della prestigiosa scuola dei “Cahiers du Cinéma”, scruta con rispettosa delicatezza nel disagio adolescenziale ponendo due candidi e dolenti visi giovanili nella penombra di un autunno del 1972. L’inquietudine di un età ancora acerba si manifesta nei silenzi ed in gesti di rottura tra l’indifferenza ed il menefreghismo delle autorità e l’incomprensione e distacco (esemplare l’episodio del quadro del Caravaggio), fisico e generazionale, dei genitori. L’inevitabile crollo degli illusori (pseudo)valori fino ad allora ostinatamente mantenuti con ipocrisia e cieca adesione dogmatica ha reso fragile la costituzione dei figli di quel tempo, costretti loro malgrado a confrontarsi con un ‘tabula rasa’ sul quale dovranno edificare un’identità ed un futuro quantomai nebuloso ed indeterminabile. Facile che camminando su tali cocci ci si tagli e ferisca. Ma sono cicatrici interiori che nessuno vede, nessuno sa interpretare, comprendere o curare. Lasciati a sé stessi, in un’orgogliosa solitudine gravida di inquietudini e malesseri ma fiera, pura e fiammeggiante (nel gelo circostante) come quel fuoco che i ragazzi si premurano di alimentare e mantenere vivo con limpida ispirazione e tenace vitalità, e prima di scegliere l’ineluttabile via della fuga, i due fanciulli hanno l’occasione di celebrare chi e quanto sono in un liberatorio rito notturno, tra musiche immortali, viaggi artificiali e l’abbandono fisico: un momento di eterna bellezza dove la sceneggiatura si fonde tramutandosi in incantevole partitura. Opera delicata, struggente, elegiaca e dalle livide tonalità, contraddistinta dal peculiare spleen transalpino e scevra da intellettualismi di sorta. Il regista abbraccia letteralmente i suoi protagonisti con la mdp ravvicinatissima, mostrandoci pallidi volti silenti carichi di significato, ma soprattutto dimostrandosi presente, unica vera compagna in grado di cogliere le loro sfuggevoli identità e comprenderne a fondo, con tenerezza, i profondi patimenti. L’eccelsa colonna sonora (Leonard Cohen, Janis Joplin, Bob Dylan, Creedence Clearwater Revival, Nico, Roxy Music, Alice Cooper, Uriah Heep, Donovan) riveste il determinante ruolo di coprotagonista. Un cinema d’autore che riesce ancora a comunicare intimamente con lo spettatore in maniera flautata, senza metterlo in difficoltà od umiliandolo con la sua prosopopea o con la pregiudiziale dell’elevato tasso esclusivista. La declamazione in un plumbeo boschetto, l’ancestrale ed infinita festa e il leggiadro commiato (l'inesprimibile nell'unica sua forma possibile) meritano di riservarsi un angolino nella nostra memoria affettiva. Stento a credere che sia solo una dilatata versione di un prodotto televisivo (composto da più film sul tema dell’adolescenza).
Semplicemente leggendaria: Leonard Cohen, Janis Joplin, Bob Dylan, Creedence Clearwater Revival, Nico, Roxy Music, Alice Cooper, Uriah Heep, Donovan
Un volto ancora bambino, quasi lagrimevole, che ben riflette l'avvilimento giovanile.
Deliziosa. La sua tenera età agevola forse il compito, ma regala un paio di momenti di non mera carineria. Non si può omettere il taglio dei capelli tra quest'ultimi. Un talentino che ha superato i confini patrii, ma che si è lasciata sballottare da produzioni estere troppo spregiudicate e calcolatrici nel gestire le fanciulle in fiore.
Si pone a stretto contatto con i suoi giovani protagonisti e comunica quasi esclusivamente attraverso i loro volti malinconici ed il silenzio che li circonda. Scribacchiava sui "Cahiers du Cinéma"... Una promessa od un'inevitabile affermazione? considerando il passato ed altri nomi di peso del cinema d'oltralpe, direi che, almeno in questo caso, la storia fortunatamente si ripete.
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