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Cold War

Regia di Pawel Pawlikowski vedi scheda film

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La recensione su Cold War

di Antisistema
6 stelle

Pawel Pawlikowski è un regista polacco assurto agli onori della fama mondiale con il film Ida (2013), che gli fece ottenere un premio oscar come miglior film straniero. Il regista dopo 5 anni ritorna dietro la macchina da presa con Cold War (2018), una storia di amore e morte che vorrebbe porsi nella scia di melodramma alla Truffault come Jules et Jim (1963), ma senza avere la stessa inventiva e né originalità stilistica, eppure l'inizio prometteva bene così come la protagonista impersonata dalla brava Joanna Kuling, ha sia abilità recitative sopra la media che un ottimo magnetismo quando é presente in scena, quindi cosa ha sbagliato Pawlikowski verrebbe da chiedersi.

 

Tomasz Kot, Joanna Kulig

Cold War (2018): Tomasz Kot, Joanna Kulig

 

La pellicola come detto inizia bene, Zula (Joanna Kuling) una ragazza dal passato burrascoso, che grazie alla sua voce, conquista il pianista Wiktor (Tomasz Kot), riuscendo ad aggregarsi al gruppo di danza e canto popolare Mazurek. Interessante il contesto storico e sociale delle fase iniziale della guerra fredda, dove la Polonia non ha fatto altro che passare da un dominatore (nazisti) ad un altro (comunisti) e questo si riflette nelle vite di Zula e Wiktor che a poco a poco si avvicineranno sentimentalmente.

La verità è questione di punti di vista, quindi essendo dall'altra parte della cortina di ferro, i sovietici si credono loro i portatori della pace con la missione di contrastare l'imperialismo capitalista americano, e questo scontro finisce con il trasformare la danza popolare e genuina del gruppo Mazurek, in uno spottone propagandistico a favore di Stalin e del regime socialista. Questa svolta probabilmente farà maturare la decisione definitiva di Wiktor di lasciare la Polonia e scappare a Berlino Ovest per rifarsi una vita, scelta che non sarà presa di Zula. La pellicola quindi sino al 1964 mostra i vari incontri tra i due protagonisti che non hanno mai smesso di amarsi.

Da dopo la fuga di Wiktor il film smette di essere interessante, poiché Pawlikowski ha dimenticato che in un film sentimentale, se non costruisci qualcosa di interessante che vada oltre due che amoreggiano, il film a lungo andare ne risente ed anche Cold War non sfugge alla regola, finendo con l'accattorciarsi su schemi narrativi e soluzioni visive prevedibili.

 

Tomasz Kot

Cold War (2018): Tomasz Kot

 

Il bianco e nero che in Polonia funzionava, a Parigi diviene mera maniera per descrivere con i consueti cliché, pigre relazioni con amanti occasionali, bevute alcoliche in un bar e scene di perdizione cagionate dalla società dei consumi capitalista che trova il suo apice nell'unica sequenza memorabile a Parigi, che riguarda la danza di Zula a Parigi in un Jazz bar, dove la libertà dei costumi non significa automaticamente un'autentica espressione artistica, che finisce per essere privata della propria forza espressiva e divenire mero esibizionismo.

Tra tira e molla e scelte narrative che fanno tanto "autore", ma sembrano calate dall'alto tanto per, senza che vi sia un retroterra che le giustifichi, la pellicola si trascina in soluzioni scontate e pessime, come il ritorno di Zula in Polonia e Wiktor che la segue senza pensare alle conseguenze del suo gesto.

Se l'arte e l'amore nel primo terzo di film erano la fiamma che faceva muovere il tutto, togliendo l'arte successivamente, abbiamo solo l'amore, ma esso è un sentimento senza alcuna "anima", poiché l'immaginazione lasciataci dalle numerose ellissi, non appaga lo spettatore per ciò che vede nel campo.

 

Agata Kulesza, Joanna Kulig

Cold War (2018): Agata Kulesza, Joanna Kulig

 

M'è sembrata una pellicola arty molto costruita, a cominciare dal montaggio ellittico e dalla furba scelta della fotografia in b/n, che sembra dover essere considerata bella di default. Per lo stile di regia fatto di macchina fissa, o dai forza alle immagini in modo concettuale, oppure finisci con l'affossare il film come in questo caso perché scegli un punto di vista molto ristretto e individuale.

È il primo film del regista che vedo, ma forse è un'opera i limiti di un regista che dopo l'oscar forse si è montato la testa anche se ha vinto il premio della miglior regia a Cannes (francamente esagerato) e probabilmente sarà nominato agli oscar come miglior film straniero.

Gli ammiratori diranno che è girato bene, e formalmente ineccepibile, io rispondo che nel 2019, tutti i film sono girati bene (a livello di grammatica cinenatografica), ma a questo punto o riesci a dare qualcosa in più, oppure scadi in un formalismo fine a sé stesso.

 

Joanna Kulig

Cold War (2018): Joanna Kulig

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