Trama
Il racconto di una appassionata relazione tra due persone di differente background e temperamento, che sono fatalmente attratte e condannate l'una all'altra. Sullo sfondo della guerra fredda, tra la Polonia, Berlino, la Jugoslavia e Parigi degli anni anni Cinquanta, ha luogo un'impossibile storia d'amore in un momento storico altrettanto impossibile.
Approfondimento
COLD WAR: AMORE E COMUNISMO
Diretto da Pawel Pawlikowski e sceneggiato dallo stesso con Janusz Glowacki (con la collaborazione di Piotr Borkowski), Cold War racconta la storia d'amore tra un uomo e una donna che si incontrano tra le rovine della Polonia del secondo dopoguerra. Con differenti background e temperamenti, Zula e Wiktor sono fatalmente agli antipodi ma per tale ragione destinati ad appartenersi.
Con la direzione della fotografia di Lukasz Zal (che ha seguito le direttive imposte da Pawlikowski: bianco e nero e aspect ratio 1:1:33), le scenografie di Marcel Slawinski e Katarzyna Sobanska-Strzalkowska, i costumi di Ola Staszkoo e le musiche dei Mazowsze (un ensemble folk fondato nel 1949 dal compositore polacco Tadeusz Sygietynski e sua moglie Mira Ziminska), Cold War è dedicato ai genitori del regista, come egli stesso ha sottolineato in occasione della partecipazione del film in concorso al Festival di Cannes 2018: "Cold War è dedicato ai miei genitori, che avevano lo stesso nome dei protagonisti del film. Mio padre e mia madre sono morti nel 1989, prima del crollo del muro di Berlino e sono stati insieme per 40 anni, spesso divisi dalla Cortina di ferro. Avevano entrambi una personalità forte e meravigliosa ma come coppia era un disastro senza fine. I protagonisti del mio film non sono molto diversi da loro: per una decina d'anni, ho riflettuto sul come raccontare questa storia, i vari tiremmolla e un così lungo periodo di tempo. I miei genitori non hanno avuto un'esistenza drammatica da manuale: più penso alla loro vita di coppia e, giuro, meno la capisco. Nonostante le difficoltà, sono rimasti insieme e per me non è stato facile capire il mistero del loro legame. Hanno vissuto separati, sono stati in esilio e appartenevano a culture diverse: eppure non hanno mai ceduto alle tentazioni e si sono comportati sempre in maniera onesta.
Per finzione narrativa, ho cambiato però qualcosa. A differenza di mia madre (che è scappata dal balletto quando aveva 17 anni ma che apparteneva all'alta borghesia), Zula proviene dalla periferia di una grigia città. Sostiene però di venire dalla campagna per entrare in un gruppo folk (e scappare dalla povertà). Si dice anche che abbia ucciso il padre ribellandosi ai suoi abusi e che sia particolarmente affascinante, mostrando grandi capacità nel canto e nel ballo. Le va bene il comunismo e non ha alcun interesse a fuggire in Occidente. Wiktor, invece, proviene da un contesto più raffinato ed educato. Musicista di talento, è un uomo molto calmo ed equilibrato, fa parte dell'intelligentia cittadina e ho immaginato avesse studiato musica a Parigi prima della guerra, avendo come maestra Nadia Boulanger. Durante l'occupazione tedesca, si è guadagnato da vivere suonando il piano, clandestinamente, nei locali di Varsavia (come i più grandi compositori polacchi, ad esempio Lutoslawski e Panufnik) e ha coltivato la sua passione per il jazz. Dalla musica che suona, si intuisce che è stato a ovest e, con l'ascesa del regime stalinista in Polonia, non sa che fare con la sua vita dal momento che il jazz è stato bandito. Non ha mai avuto particolare interesse per la musica popolare polacca ma l'incontro con Irena (e il suo progetto di ensemble folk) lo porta a prendere in considerazione il genere. Capirà però presto di non poter mai essere libero in Polonia e che la fuga è l'unica sua via di salvezza.
Il comunismo ha ampliato o limitato le opzioni di vita della gente? Nel caso di Wiktor e Zula, sì. E so che la mia visione delle cose, in un momento storico in cui la Polonia fa i conti con il proprio passato, susciterà non poche polemiche".
Il cast
A dirigere Cold War è Pawel Pawlikowski, regista e sceneggiatore polacco. Nato a Varsavia nel 1957, Pawlikowski ha lasciato la Polonia a 14 anni spostandosi tra Regno Unito, Germania e Italia, prima di stabilirsi a Londra nel 1977. Dopo aver studiato letteratura e filosofia a Londra e Oxford, ha cominciato a… Vedi tutto
Trailer
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- Prix de la mise en scéne a Pawel Pawlikowski al Festival di Cannes 2018
Commenti (14) vedi tutti
Una bella scatola vuota.
commento di fra_pagaAbbastanza sonnacchioso, poco scorrevole e sconclusionato; un musical altamente lagnoso.
commento di gruvierazOgni grande amore reca con sé il pensiero crudele di uccidere l’oggetto dell’amore così da sottrarlo una volta per tutte al giuoco perverso del mutamento: perché l’ amore ha ribrezzo del mutamento più ancora che della distruzione - F. Nietzsche - Umano, troppo umano
leggi la recensione completa di laulillaNon è brutto, ma in qualche modo piuttosto deludente.
leggi la recensione completa di tobanisUna bufala terribile, né un melodramma, né un affresco di storia.
leggi la recensione completa di giansnow89Forse da questo film mi aspettavo di piu',dati i lavori precedenti del bravo regista,invece tra intermezzi musicali e troppo estetismo mi ha soddisfatto....solo a meta'...a malincuore per me 6.5
commento di ezioE’una pellicola bella, struggente, profonda e appassionante che ha ben meritato i riconoscimenti ricevuti a Cannes e nelle altre competizioni annuali realizzata da un regista che avevamo già conosciuto positivamente con "Ida" la sua precedente, straordinaria fatica e che con questo film ha confermato alla grande il suo talento.
commento di (spopola) 1726792Film inutile per l'inconsistenza dei personaggi : un mélo alla Ozon malriuscito. Bella la fotografia ma sceneggiatura imbarazzante
commento di almodovarianaTecnicamente perfetto e stilisticamente sublime, il contenuto, una storia d'amore tormentata che attraversa l'Europa della guerra fredda, lascia un po' freddi e distaccati, non raggiungendo gli stessi livelli eccelsi della forma visuale e musicale.
leggi la recensione completa di port crosUn film che colpisce, di cui avverti il dolore della vita difficile, con i visi dei funzionari integerrimi e grigi senza divisa, con l’immagine staliniana sul muro degli uffici, pieno di politica, di spie, di atmosfera noir. Ma soprattutto un film d’amore viscerale.
leggi la recensione completa di michemarIo credo in me. E' in te che non credo.
leggi la recensione completa di ManuelaZarattiniPawlikowski rielabora i travagli del suo popolo, allegorizzati nell’odissea di due amanti incapaci di trovare un momento ed un luogo che li possano conciliare.
leggi la recensione completa di MalpasoStoria che si svolge in un tempo duro da vivere, forse non più duro di altri tempi, ma fornito di requisiti tali da renderlo “spettacolare”.
leggi la recensione completa di yumerappresentazione essenziale di circa 15 anni di Storia, Cinema e Musica in poco più di 80 minuti. una autentica delizia. regia giustamente premiata.
commento di giovenosta