Regia di Björn Runge vedi scheda film
Intenso dramma familiare. Sceneggiatura non del tutto convincente, ma la prova degli attori è maiuscola.
Il film comincia, con una scena di vita familiare in un interno. Joe Castleman,alias Jonathan Pryce, anziano scrittore di fama internazionale, si trova in piacevole compagnia della moglie e sta aspettando, con ansiosa trepidazione la notte della vigilia degli Oscar. La consorte Joan, una superba Glenn Glosse, scherza amorevolmente con lui e si concede alle sue goffe avance sessuali. Qualche ora più tardi arriva la fatidica telefonata. Joe ha vinto il Nobel per la letteratura, giusto epilogo per celebrare una lunga e prestigiosa carriera, Joe intende condividere proprio con Joan che sembra esserne la sua più grande sostenitrice, nonché segretaria e confidente, la cerimonia e i meriti e omaggiarla come si conviene ad una donna che è stata musa e sostegno, peraltro l’agiata famiglia è anche in procinto di accogliere il primo nipotino,in più il figlio ha scritto il suo primo racconto e come dice il padre sta cercando il suo stile, tutto dunque sembra volgere al meglio. Prendono l’aereo per Stoccolma, per presenziare la cerimonia e ritirare il prestigioso premio letterario. Durante il volo Joan, è inquieta e si ritrova a rimuginare sul suo matrimonio, che al di là delle apparenze, nasconde diversi scheletri nell’armadio. Ha trascorso tutta la sua vita a giocare il ruolo della moglie devota,impeccabile, accomodante. Sempre disposta a restare nell’ombra, lontano dai riflettori, ma soprattutto pronta ad abdicare al proprio talento letterario, per non mettere in sordina la fama del marito e assecondare il suo smodato egocentrismo e piano piano,grazie all’utilizzo dei flashback, scopriamo un po’ per volta,il segreto che si cela dietro tutto questo. Lentamente emergono le fondamenta oscure e ambigue di questo strano menage: un patto scellerato e assurdo, la vera autrice di tutti i romanzi di Joe è lei, la sua “ghostwriter”,che ha immolato il suo autentico genio letterario, per consentire al marito di recitare il ruolo di “prima donna”. Quarant'anni trascorsi chiusa in una stanza a scrivere, rinunciando ai suoi sogni e le sue ambizioni, per ostentare la carriera letteraria del carismatico consorte, disposta persino a chiudere un occhio sui suoi tanti tradimenti. Ma ora, Joan è arrivata al punto di rottura, stufa di vivere di gloria riflessa, nella parte della dimessa mogliettina ingenua e priva di personalità, alla quale viene dedicato un patetico discorso di ringraziamento. Sarà questa la goccia che fa traboccare il vaso, colmo di umiliazione subita, per essere stata privata del tempo e del riconoscimento che le spetterebbe, Joan non vuole più assecondare il narcisismo vacuo del marito e intende rivelare l’autentica paternità dei suoi romanzi e condividerla con il mondo, ma soprattutto vuole separarsi da un coniuge meschino, che vigliaccamente e indebitamente si è appropriato di una fama che non gli appartiene. Perché parafrasando il vecchio aforisma di Virginia Woolf, se dietro ogni grande uomo si nasconde una grande donna,in questo caso è proprio l’inverso dietro un fatuo e vanesio piccolo uomo, si può nascondere una gran donna.
Tratto dal romanzo di Meg Wolitzer e adattato per il grande schermo da Jane Anderson "The Wife – Vivere nell’ombra " è una bella e intensa riflessione sul talento delle donne , spesso misconosciuto e subordinato al potere dell’uomo. Se è vero che la sceneggiatura, spesso “buca”e in alcuni passaggi è rivedibile, è altrettanto vero che le interpretazioni maiuscole, dei due attori protagonisti,sopperiscono alle lacune in fase di scrittura e bastano a dare lustro e spessore alla pellicola.
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