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L'ordine delle cose

Regia di Andrea Segre vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'ordine delle cose

di sasso67
8 stelle

Il difetto principale di L'ordine delle cose è che il rapido mutare degli scenari politici interni ed internazionali rischia di farlo passare per un instant movie, rubricabile sotto la categoria "l'immigrazione ai tempi del piddì". Per fortuna, però, le cose non stanno così, perché il film di Andrea Segre è un film serio, com'è ormai dato di vedere raramente nel nostro cinema. Quello del regista veneto, del quale avevo finora visto il solo Io sono Li (2011), è un cinema ben calato nella realtà, che adotta un approccio problematico alla tematica dell'immigrazione (che in certi momenti, a leggere i giornali, sembra il problema più drammatico che affligge il nostro paese) e coerente, soprattutto con sé stesso, con un discorso che sembra farsi di film in film.

Questo di Segre - regista di formazione documentaristica e di ottimo mestiere - è un film che smaschera, senza possibilità di mantenere dubbi, l'ipocrisia di chi vive in un paese tutto sommato benestante e guarda con una certa indifferenza a quello che succede nel "nostro mare" e sulle sue sponde più meridionali. In realtà abbiamo creato una serie tale di norme e di rapporti ambigui su questo "problema dell'immigrazione", che per mettere fuori combattimento gli scafisti ci affidiamo a dei carcerieri altrettanto avidi e crudeli, i quali impediscono ai migranti di annegare nel Mediterraneo a patto di restare a fare gli schiavi (quando non a morire) nei centri di detenzione della Libia. Alla fine, è meglio non turbare l'ordine delle cose, in base al quale chi è là deve restare là e chi è qua resterà a guardare la tv ed ascoltare qualche ministro che ci racconterà qualcosa di "notiziabile".

L'ordine delle cose di Andrea Segre è cinema politico nel più alto significato del termine, anche se non è certo un film che possa essere facilmente strumentalizzato politicamente a favore di una fazione o dell'altra (all'uscita del film era al governo il Partito Democratico, ma il protagonista e i suoi mentori potrebbero benissimo essere della Lega o del Movimento 5 Stelle) e questo mi sembra un ulteriore merito di un regista che ha anche saputo trovare le facce giuste per un'opera che rilancia il filone cinematografico di denuncia/impegno civile, del quale c'è sempre bisogno, soprattutto quando è fatto così bene da interessare anche lo spettatore distratto dei nostri tempi.

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