Regia di Andrea Segre vedi scheda film
La trama è abbastanza semplice: il ministero degli esteri delega al sottosegretario di "limitare" il più più possibile gli sbarchi sulle coste itale dei migranti dalla Libia. Il poliziotto Rinaldi dovrà assumersi fattivamente questo compito. Dovrà andare in Libia, trattare attraverso ingenti finanziamenti europei affinché i centri di accoglienza-detenzione dei migranti e la guardia costiera libica passano agire di concerto per tenere sotto custodia i migranti in condizioni che rispettino i diritti umani. Il Rinaldi comprende che la faccenda è complessa. Nel centro gli stessi migranti pagano per fuggire dal quell'inferno. Non solo: casualmente una profuga dà al Rinaldi il contatto di suo zio a Roma per poter uscire dal centro e andare in Finlandia. Il poliziotto dovrà districarsi tra queste pressioni: salvare la profuga significa aggirare quelle stesse normative che egli ha conribuito a creare con i fondi europei, oppure far prevalere la ragione di stato e conformarsi alla sua vocazione professionale.
Credo che questo film sia un poco sottovalutato. E' interessante per più aspetti:
1) Ineccepible la visione del trattamento libico dei migranti, visione che lancia un messaggio molto disarmare: fermare i migranti in Libia è semplicemente disumano;
2) Il funzionamento della macchina burocratica e finanziaria per trattenere i migranti è anche un modo per ribadire la superiorità europea sulle ex-colonie con il conseguente ritorno economico e prestigio politico;
3) la coscienza del Rinaldi è rappresentata in tutte le sue sfaccettature: meticoloso, ordinato, amorevole verso la propria famiglia, a tratti anche glaciale e severo con se stesso e i suoi sottoposti, un forte senso del dovere ma anche il desiderio di evadere da se stesso, dal suo satus e ruolo professionale. Una personalità dilaniata dai doveri, da quello dello Stato e da quello del Cuore. E mai come oggi Cuore e Stato camminano su strade contrapposte verso i migranti.
4) Rinaldi è un borghese, ricco, perbenista, nell'ordine delle cose, e proprio quella sua piccola ritrosia a dover essere tutto questo e anche quel che lo rende un personaggio ambivalente, meritevole e irrimediabilmente colpevole. Un'acrobazione difficile da rappresentare.
Che cosa manca in questo film? Il finale secondo me doveva osare di più, e nel complesso doveva ampliare lo sguardo verso i migranti, non dico direttamente, ma farlo emergere con più veemenza, anche nelle stanze del potere. Quel che manca è una chiara presa di posizione. Forse una chiara presa di posizione avrebbe guastato il sotto-testo rendendolo troppo didascalico, ma a me sembra che senza questo ampliamento il film rischi un certo fastidioso neutralismo manieristico.
Comunque resta un bel film, anche se con le suddette piccole tendenze neutralizzanti. Voto 7
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