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L'ordine delle cose

Regia di Andrea Segre vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su L'ordine delle cose

di alan smithee
7 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

FESTIVAL DI VENEZIA 2017 – FUORI CONCORSO

Un solerte e serio funzionario di polizia del Nord Italia viene inviato in Libia con una importante missione, volta a cercare di risolvere una volta per tutte e trovare accordi con la poco affidabile e tendenziosa fazione governativa locale, sulla questione dell’immigrazione, che vede quello stato nord africano tra i principali avamposti per quell’esodo di massa senza fine.

La missione, diplomatica certo, ma dai contenuti quanto mai concreti, deve riuscire a dare una svolta non solo alla bruciante questione sbarchi, ma anche alla torbida e poco chiara gestione dei campi profughi che accolgono in loco i fuggiaschi di tutta l’Africa, e che non assicurano affatto, già dall’apparenza, il rispetto e la tutela dei diritti umani ormai pressoché chiari e riconosciuti quasi ovunque.

In loco Rinaldi, silenzioso e ritroso di carattere, ma uomo d’azione abituato a provvedere piuttosto che a parlare ed accomodare, dovrà confrontarsi con un collega di vecchia data che, al contrario di lui, è ben più avvezzo a trovare nell’accomodamento verbale, la soluzione più conveniente per garantirsi il quieto vivere: poco importa se dietro questo tergiversare ostentato e senza costrutto, ci vadano di mezzo le sorti di una popolazione errante che viene in tal modo spogliata di ogni dignità e diritto inalienabile.

L’incontro in più occasioni, tutte drammatiche, con una profuga che non vive situazioni peggiori di altri, ma che in qualche modo rimane umanamente più impressa del resto della moltitudine bisognosa agli occhi del valido ufficiale, conduce l’uomo ad un bivio che lo induce a domandarsi se è lecito trasgredire ad un ordine prestabilito per fare del bene ad un singolo individuo, o se invece conviene restare ligi ai dettami normativi e procedere senza farsi influenzare da trasgressioni umanitarie fuorvianti.

La scelta sarà comunque difficile, ma quella adottata a fine missione, comporterà per l’uomo la circostanza di fare i conti con la propria coscienza, pur mantenendo inappuntabile il proprio comportamento professionale.

Andrea Segre, documentarista con una manciata di assai validi titoli narrativi nel suo variegato curriculum (Io sono li e La prima neve), torna con il suo stile rarefatto e vitale, che sfugge a facili ammiccamenti narrativi, ad appigli fuorvianti in grado di produrre facile presa sul pubblico, per dedicarsi ancora una volta ad un ritratto di umanità contrapposte, ove più che i buoni ed i cattivi, ci si confronta all’interno di esseri umani che il destino ha destinato a ruoli e situazioni diametralmente opposte: in questo frangente il alto umano per fortuna riesce in qualche modo ad avere la meglio, anche se, come quasi sempre accade, l’occhio cieco ed intransigente di una burocrazia forse inevitabile, ma quasi sempre iniqua, finisce per vanificare ogni più accorata intenzione a risolvere con umanità ed intelligenza, una questione spinosa ove l’avidità e la corruzione giocano chiavi fondamentali a discapito di ogni più sensata sistemazione.

Ottima prova attoriale per Paolo Pierobon, umanissimo ed intenso senza calcare la mano, preziosa partecipazione di Giuseppe Battiston, attore di riferimento del regista, mentre bravi attori come Valentina Carnelutti e Roberto Citran, pur relegati a veloci apparizioni, danno segno ognuno della propria inconfondibile verve interpretativa: ognuno in modo naturale, senza mai strafare.

Il film, distribuito piuttosto distrattamente in Italia dopo il passaggio veneziano, gode ora di una uscita ufficiale nelle sale francesi: non certo dilagante, ma di certo la diffusione non risulta peggiore di quella ricevuta in patria.

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