Regia di Donato Carrisi vedi scheda film
Il film compie metodicamente il proprio lavoro, come una Macchina da Nebbia ben oliata (in modo da non far udire troppo i cigolii delle incongruenze che stridono) e rodata (le due ore di durata scorrono fluenti) che non butta troppo fumo negli occhi. Gradevole, e morta lì.
Non si possono definire errori pienamente volontari quelli commessi nel 2017 dal regista (qui esordiente dietro alla macchina da presa) e sceneggiatore (dal suo omonimo romanzo, autonomo rispetto ai suoi cicli letterari, del 2015) Donato Carrisi (che nonostante qualche peccato di presenzialismo semi-tuttologante rimane, alla resa dei conti, più un uomo da Noir in Festival che da Rete 4) nel corso della messa in scena di "la Ragazza nella Nebbia", e altresì sono piccoli, pochi, e soprattutto perdonabili, ancorché fastidiosi: legati principalmente alla recitazione ed in particolar modo a quella del suo protagonista Toni Servillo che, come dire, in alcune occasioni ci dà dentro con gli automatismi di repertorio e sfora con impostazione affettata qualsiasi registro recitativo che definisca il concetto di naturalezza e verosimiglianza (qualche “Ok! Facciamone un’altra!” in più avrebbe portato solo benefici all'opera, sempre che in sala di montaggio non sia stato coscientemente scelto il loglio in vece del grano).
"La Ragazza nella Nebbia" a 3/5 ti presenta un colpevole già squamato, sfilettato e diliscato nel paniere, per poi… farne solo il dessert, boccheggiante s'un'alpina spiaggetta ciottolosa, ché il menu scolastico parlava chiaro. E comunque, no, eh, non è Friedrich Dürrenmatt (un nome, fra la Moltitudine/Legione di riferimenti, citazioni, dispositivi, tópoi, omaggi e luoghi comuni pescati "a caso" dal catalogo/bignami del soft boiled). Però qualche bella intuizione di composizione del quadro/pagina, in questo prodotto derivativo e appesantito dal semplicistico "messaggio" di (s)fondo, c’è, ad esempio lo sguardo che Vogel lancia all’angolo del tavolo in cui l’autolesionista Martini [omissis] etc…
Oltre ai già menzionati, direttamente (Toni Servillo) o indirettamente - Alessio Boni (il migliore tra i protagonisti per media finale e costanza della prestazione: la scena con la ragazza nella stanza del Gran Hotel - dismesso per l’occasione - della Belle Epoque) e Jean Reno (in zona “una Pura Formalità”, ma solo all’apparenza) -, completano il cast, fra alti e bassi (che eterogeneamente coinvolgono tutti), Galatea Ranzi (la meno centrata fra i non protagonisti), Lorenzo Richelmy (***), Michela Cescon (***; “Primo Amore”), Antonio Gerardi (****; “i Predatori”), Daniela Piazza (****), Thierry Toscan (****; “il Vento Fa il Suo Giro”), Greta Scacchi, Marina Occhionero, Sabrina Martina, Jacopo Olmo Antinori, etc… E l’esordiente Ekaterina Buscemi nel ruolo di Anna.
Il comparto tecnico-artistico svolge con buona diligenza il proprio compito: fotografia di Federico Masiero, montaggio di Massimo Quaglia (collaboratore di lungo corso del già citato Giuseppe Tornatore, e un paio di volte al soldo di Renzo Martinelli: ecco, questi due nomi, nelle proporzioni descritte, sono quelli che, intrecciandosi, tirate le somme (nel primo caso in bene e nel secondo in male) raccontano al meglio per forma/stile e contenuto/sostanza dell'opera in questione), scenografie di Tonino Zera e musiche originali di Vito Lo Re.
Imperdonabile, ma riuscito, l’uso - per contrasto - della “Dança da Solidão” di Paulinho da Viola nella versione di Beth Carvalho.
Produce Colorado (Totti e Usai) e distribuisce Medusa.
Il dolomitico Gruppo del Latemar sullo sfondo è sempre un gran bel vedere (con l'orizzonte opposto che nonostante le brume illuminate dai televisori accesi, ma sintonizzati sugli zombie-canali dei non-morti, spazia sino a Brembate di Sopra e Chignolo d'Isola).
“Ti conosco da tutta la vita, perciò so che sei un uomo buono, ma non so quanto sei innocente.”
Il film compie metodicamente il proprio lavoro, come una Macchina da Nebbia ben oliata (in modo da non far udire troppo i cigolii delle incongruenze che stridono) e rodata (le due ore di durata scorrono fluenti) che non butta troppo fumo negli occhi. Gradevole, e morta lì.
* * ¾ (***) - 5.75
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