Regia di Donato Carrisi vedi scheda film
C’è una cosa che ho sentito dire, su più fronti, in merito all’esordio cinematografico di Donato Carrisi, come ben sapete anche autore dell’omonimo romanzo, ed è che: è un film italiano anche se non sembra. Ho cercato allora di decifrare questa esclamazione non tecnica, ma piuttosto lampante, riuscendo a capire che si tratta di un velato complimento. Così dicendo, lo spettatore non troppo avvezzo ai termini tecnici (che è poi colui il cui giudizio è sommo oltre ogni ragionevole dubbio) intende indicare una pellicola prodotta in Italia, girata in Italia, interpretata da attori italiani (salvo qualche rara ed esclusiva eccezione), ma che per la sua struttura o per il modo stesso di comporre le sequenze alternando, nel modo giusto, immagini e dialoghi, finisce per essere (quasi) tecnicamente perfetta e per questo somigliante alle produzioni spesso d’oltreoceano che, almeno negli ultimi tempi, sembrano essere migliori delle nostre. Detto questo, direi di poter ritenere piuttosto vera l’affermazione in oggetto. L’opera prima di Carrisi è ben strutturata e possiede tutte le caratteristiche di una più che buona pellicola; e lo si denota già dalle prime inquadrature. Sarà che l’autore è forse la persona ideale per trasmettere allo spettatore ciò che ha riportato nel suo romanzo, avendo lui ben chiaro nella testa ogni particolare di ogni scena eventuale. L’ottimo lavoro però non è solo merito di Carrisi; se già ben conosciamo la bravura e il carisma di Jean Reno, la sorpresa è Alessio Boni, che si carica addosso la tensione dell’intero film regalandoci una perfomance superlativa. Non mi soffermo oltre, vi consiglio solo di tenere d’occhio il finale, contorto a tal punto che forse Nolan potrebbe quasi invidiarcelo.
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