Regia di Donato Carrisi vedi scheda film
Un film fortemente debitore di un'immaginario noir già ampiamente esplorato mentre le tematiche appartengono al mondo della televisione. La cronaca nera italiana dell'ultimo decennio fa continuamente capolino nell'animo di chi guarda come guest star non accreditata. Carrisi filma come scrive, dicendo tutto, dicendo troppo.
Nella cittadina di Avechot, in mezzo alle Alpi, scompare improvvisamente Anna Lou, di 16 anni. Dell’indagine si occupa l'esperto Vogel (Toni Servillo), discusso ispettore di polizia noto per sollevare polveroni mediatici intorno ai casi di cui si occupa. Il principale sospettato è un professore della scuola locale, Loris Martini (Alessio Boni) giunto in paese solo da pochi mesi e sui di lui incominciano ad accanirsi i media, dipingendolo come sicuro colpevole.
La ragazza nella nebbia rappresenta l’esordio dietro la macchina da presa di Donato Carrisi, forse lo scrittore italiano di maggior successo e più venduto all’estero. Il film è un noir tratto dal sesto romanzo dello scrittore che per la trasposizione cinematografica ha seguito una strada inconsueta. Nata prima sotto forma di sceneggiatura per il cinema, sempre dello stesso Carrisi, la storia è rimasta nel limbo delle sceneggiature in attesa di trasposizione per un po’ di tempo. Solo dopo la trasformazione della sceneggiatura in romanzo, poi rivelatosi un grande successo, il progetto cinematografico è ripartito con vigore fino ad approdare al film in questione.
E’ lodevole l’intenzione di produrre un film che fosse soprattutto un film di genere, tendenza lieve ma felice di questi ultimi anni di cinema italiano che lentamente sta riscoprendo un ambito nel quale è stato per anni ai vertici nel mondo. Di sicuro impatto sono le componenti tecniche, a partire dalla fotografia che rifiuta la verosimiglianza o il respiro bucolico per dipingere un’atmosfera cupa e misteriosa, ribaltando lo stereotipo della ridente cittadina montana.
Tuttavia, forse a causa dell’inesperienza del regista, non tutto funziona in questo film. La sensazione è quella di trovarsi di fronte a qualcosa di già visto dal punto di vista della forma e già conosciuto dal punto di vista degli eventi narrati.
La luce e l’atmosfera ricordano – per stessa ammissione dello stesso Carrisi, che con questi film si è formato- il neo noir americano dei Seven e de Il silenzio degli innocenti mentre gli eventi del film sembrano pescati dalla cronaca nera dei recenti anni italiani. La scomparsa della ragazzina narrata nel film non può riportare alla mente il triste caso di Yara Gambirasio mentre la figura dell’ispettore Vogel è una variazione sul tema dell’esposizione mediatica che investì i protagonisti della vicenda di Cogne del 2002, con l’avvocato Taormina primo attore del circo mediatico che mise in piedi per sconvolgere e dirigere la percezione del pubblico e influenzare il processo ai colpevoli dell’omicidio di Samuele Lorenzi.
La ragazza nella nebbia ha due anime: quella thiller e quella della storia di denuncia sull’invasività dei media nella società contemporanea che più che di un colpevole ha bisogno di un agnello sacrificale. Le due anime si annullano a vicenda, non riuscendo a compenetrarsi non si giustificano, rimangono lì spiegate nel più didascalico modus operandi televisivo, il cui rimando almeno tematico e sintattico è palese.
E’ il tentativo di girare una storia italiana, rimuovendola dal provincialismo e darle un aspetto da thriller internazionale ma i debiti di forma sono troppo onerosi da sostenere, soprattutto quando la parte più importante del film, la sceneggiatura, si arriccia su se stessa senza produrre climax e lambendo i territori della denuncia senza approfondirli mai. La natura letteraria di Carrisi non giova al film, cerca di dire troppo con troppi personaggi che appaiono e si defilano, scontornati dalla storia che non ha una direzione precisa, arzigogolata in motivazioni e tensioni che approdano a poco se non a nulla, fino al colpo di scena finale tanto prevedibile quanto sproporzionato rispetto alle motivazioni che sono alla base della storia.
Il tentativo di Carrisi di sobbarcarsi l’onere della regia senza averne l’esperienza si nota anche nella direzione degli attori: per la prima volta Toni Servillo si ritrova a recitare fuori parte. Gigioneggia enfatico su un copione grasso, al limite del didascalico, affrontando con il mestiere i difetti di direzione che troneggiano sul film.
La ragazza nella nebbia non è quindi un film pienamente riuscito benché i difetti siano mascherati con abilità dal punto di vista tecnico, soprattutto un film di genere dovrebbe rendere conto solo a se stesso senza dover per forza trovare una morale altra – la critica all’invasione dei media - sulla quale nobilitarsi.
Detto questo non tutto si butta, il lavoro di Carrisi può solo migliorare – gli spunti ci sono – si aspetta alla seconda prova che, se liberato dall’incombenza di lavorare su un proprio libro, sarà sicuramente più positivo di questo.
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