Regia di George Cukor vedi scheda film
A differenza di molti spettatori di cinema odierni che faticano molto ad accettare un genere come il musical per via di preconcetti che ho sempre faticato a capire appieno ("il perchè cantano" non mi ha mai convinto come motivazione contraria... è una caratteristica del genere, sarebbe come criticare un western perchè c'è la sparatoria finale, o un film romantico perchè i due protagonisti si baciano etc...); invece il sottoscritto sin da piccino grazie ai numerosi musical della Disney anni '90 e alle ripetute visioni di Mary Poppins, bene o male ha sempre avuto una certa affinità con tale genere.
Questo My Fair Lady è un oggetto molto curioso ed interessante; specialmente perchè rispetto a tutti i musical del periodo (ad eccezione di un due-tre), ha una profondità contenutistica praticamente sconosciuta a tutti gli altri esponenti del genere; per lo meno dei musical dell'epoca del cinema classico di Hollywood, anche se Mereghetti nonostante apprezzi molto Cukor, gli appioppa solo 2.5 stelline, mentre il Morandini è più generoso con 3.5 stelline. La critica europea mi è sembrata molto più entusiasta, anche se gli unici riscontri e pareri che ho sottomano sono quelli del critico dei Cahiers du cinema (di cui non approvo la politica degli autori contro la quale sono fermamente contrario per ragioni che qui non posso esporre) dell'epoca, un certo Andrè Techine; il quale lo definì "un vuoto magnificente" (in senso positivo, focalizzandosi sulla scenografia) dandogli addirittura 5 stelline (il massimo).
La storia è una variazione di Cenerentola, abbiamo una ragazza ed il suo Pigmalione. Quest'ultimo è tutto tranne che il principe azzurro, mentre Elisa è una fioraia di strada ignorante come una capra e che parla male; ma nonostante la sua profonda mancanza di cultura, capisce che questo saccente ed ignorante professor Higgins è l'unico modo per elevarsi da questa vita miserabile a cui è costretta. Il professor Higgins coglie al volo l'occasione e dice che in soli 6 mesi la trasformerà in una fioraia pronta per partecipare al ballo dell'ambasciata e al termine di tale periodo, darà alla ragazza un posto di lavoro in un negozio di fiori (questa cosa fà molto Democrazia Cristiana anni 70'-80').
Prima di cominciare la lunga recensione ci tengo a dire che il film a distanza di decenni, potrebbe essere un pò datato; nel senso però che al giorno d'oggi a trovarsi un umile fioraia un pò volgarotta, ma che in fondo sogna di uscire dalla propria condizione miserevole e con il sorriso magnifico di Audrey Hepburn, è quasi impossibile (tra l'altro da giovane l'attrice aveva praticato tale mestiere). Oggi la fioraia è anche lei omologata al sistema, con abiti e accessori vari firmati; incurante di ogni rispetto verso la propria persona o minimo pensiero verso la propria condizione.
Premesso questo, come dicevo in inizialmente, ciò che distingue My Fair Lady da tanti musical dell'epoca è la profondità delle sue tematiche. La battaglia tra i sessi, è un modo per mettere in scena lo contro tra due differenti modi di vedere la vita e la propria visione socio-filosofica dell'esistenza umana. Il professor Higgins è una persona evidentemente annoiata dalla vita e dall'esistenza, scegliendo di rifugiarsi in un mondo fatto libri e di studio della fonetica fine a sè stesso, visto che non sfrutta tale conoscenza per un servizio utile alla società. Scapolo incallito e fortemente misogeno, non sembra neanche apprezzato molto dai membri della sua classe sociale (la madre non sembra molto contenta di vederlo quando si presenta all'ippodromo); tanto che la presenza di questa Eliza Dolittle in casa sua per 6 mesi sembra solo un modo per ammazzare la sua noiosa routine quotidiana e la scommessa che fà con il suo amico Pickering assolve appieno a questo scopo. Per l'acido professore la ragazza non è altro che un trastullo con cui dilettarsi per un pò umiliandola in tutti i modi possibili ed immaginabili (in sostanza usa la sua cultura solo per soggiogare chi gli è inferiore), tramite l'uso di fantasiosi quanto grotteschi marchingegni che dovrebbero servire per migliorare la fonetica della ragazza. Eliza Dolittle invece funge da perfetto contraltare, poichè rappresente il proletariato che acquisisce una coscienza di classe e battaglia contro la classe borghese-aristocratica (siamo nella Londra di inizio 900) per una sua elevazione culturale. L'eterno scontro uomo-donna, due visioni inconciliabili e contrapposte della vita che forse non potranno mai comprendersi l'un con l'altro, ma necessariamente devono essere diversi, perchè da questo trovano ragion d'essere nell'appartenenza al proprio sesso. Higgins vorrebbe plasmare Eliza a modo suo e inculcare in lei ogni pensiero per assumerne un controllo totale; in sostanza porsi come una sorta di Dio-creatore che ha creato l'uomo a propria immagine e somiglianza, solo che egli non tiene conto che la creazione una volta acquisita un certo spessore, poi sente la necessità di auto-affermarsi come essere indipendente, per poter continuare a sviluppare il proprio Io.
L'emancipazione di Eliza non é dovuta solo al fatto che ora parla bene o si vesta elegantemente; ma la trasformazione ha inciso profondamente sulla sua persona. La vecchia fioraia volgarotta e ignorante é morte, ora ha lasciato spazio ad una lady che può lottare sullo stesso piano e ad armi pari con Higgins.
Jack Warner non badò a spese e investì circa 17 milioni (il budget più alto mai impiegato per un film) ed affidò la regia al veterano George Cukor, il quale incredibilmente con un budget stratosferico e nonostante le pressioni produttive, riesce nell'impresa di confezionare un gran film, riuscendo ad innestare tutta la sua esprienza di ex-regista teatrale. Contrariamente alle intenzioni degli autori del musical, Cukor decide di girare il film adoperando vari set cinematografici in modo da far percepire allo spettatore la teatralità dell'opera, che però ben lungi dall'affossare l'opera ne rappresenta il suo punto di forza, poichè il regista riesce a far pieno uso del suo astrattismo scenografico per mettere in scena una determinata situazione tematica. Tutta quest'abnorme costruzione visiva trova il suo culmine nella scena dell'ippodromo dove lo sfondo in campo lungo è palesemente finto e tutta l'aristocrazia è ritratta in belli, quanto al contempo vacui e barocchi abiti rigidi atti a sottolineare l'immobilismo di tale classe sociale, dove solo l'irriverente quanto inopportuna (ma per questo divertentissima) battuta di Eliza Dolittle sul cavallo spezzerà tale rigida monotonia.
La combinazione di scenografie sontuose, sfondi palesemente costruiti e abiti raffinati, crea uno spettacolo visivo unico e riconoscibile proprio della visione di Geoge Cukor; del quale è anche riconsocibile l'abilità di costruire un'atmosfera con una forte ironia di fondo mista a battute sagaci quanto divertenti.
Non si possono non citare le magnifiche canzoni passate alla storia non solo per la loro qualità sinfonico-melodica, ma anche per la profondità contenutistica di esse poichè subito rivelatrici del pensiero del personaggio.
Per quanto concerne le perfomance attoriali devo soffermarmi poichè intorno a questo punto si concentrano la stragrande maggioranza delle critiche all'opera (oltre che per la durata eccessiva). Rex Harrison già aveva recitato il ruolo nell'omonimo spettacolo teatrale con numerosi consensi, quindi qui non fa altro che riportare in scena un personaggio praticamente costruito sulla sua figura. Istrionico, divertente, sarcastico e sempre con una punta di acida ira quando pronuncia le sua battute; mentre il suo canto... beh... più che cantare si può dire che fà il rapper... non che il sottoscritto abbia problemi, solo che ci tengo a sottolinearlo perchè a qualcuno sembra dia fastidio questa cosa. Venendo al capitolo Audrey Hepburn devo essere invece più esaustivo e prolisso, poichè come detto sopra, a distanza di decenni la maggior parte delle contestazioni al film si concentra sulla sua figura. Avverto che non sarò breve, quindi onde evitare noia, passate direttamente all'ultimo paragrafo.
My Fair Lady aveva nella sua versione teatrale come interprete Julie Andrews, la quale venne molto apprezzata per via della sua splendida voce. Siccome Jack Warner aveva speso una fortuna per assicurarsi i diritti e considerava rischioso l'ingaggio di Rex Harrison, come protagonista femminile vuole un'attrice già conosciuta dal pubblico e contatta Audrey Hepburn. Alla donna interesserebbe molto interpretare il ruolo e sarebbe anche perfetta vista la tipologia di personaggio, solo che ha un'enorme problema... il canto! Non che Audrey Hepburn non sappia cantare; in Cenerentola a Parigi di Stanley Donen (1957) e con Moon River in Colazione da Tiffany di Blake Edwards (1961), aveva dimostrato di possedere anche una bella voce; solo che giustamente non aveva minimamente la gamma vocale di Julie Andrews e quindi molto modestamente in un primo momento rifiuta e chiede di dare la parte a Julie Andrews. Solo a seguito dell'insistenza di Jack Warner nel non voler dare la parte a Julie Andrews (pare che prossima in lizza fosse Elisabeth Taylor), decise di accettare la parte e da lì iniziarono i suoi "guai".
Nonostante la sua professionalità e la sua dedizione nelle prove di canto, alla fine si decide di far doppiare le sue canzoni da Marnie Nixon (che aveva già doppiato Natalie Wood in West Side Story di Robert Wise e Jerome Robbins e Deborah Kerr nel Re ed Io di Walter Lang), perchè la sua voce non venne ritenuta all'altezza. Una scelta che era abbastanza in voga all'epoca, ma che non si capsice il perchè, in questo caso causerà molte polemiche che bersaglieranno la povera attrice. A distanza di decenni è possibile ascoltare le sue registrazioni originali e tranne in "I could have danced all night" (effettivamente fuori dalla portata), era pressocchè perfetta; ma non tanto perchè avesse una voce perfetta, ma per via del fatto che come sostenne già Blake Edwards in Colazione da Tiffany quando impose categoricamente che la canzone dovesse essere cantata da lei; ci si trova in questo caso innanzi all'anima più autentica e pura del personaggio, ogni incertezza, imprecisione e sbaglio non fà altro che far percepire più vicino allo spettatore il personaggio. D'altronde abbiamo come protagonista un'umile fioraia non una cantante lirica cavolo!
La perfomance di Audrey Hepburn ancora oggi spacca il pubblico a metà come allora. C'è chi la definì la sua migliore sino ad allora (esagerato), altri l'elogiarono trovandola deliziosa e perfettamente in parte (Katherine Hepburn e Spancer Tracy le inviarono una lettera di congratulazioni), mentre l'altra metà della critica si avviò su stupidi quanto insensati paragoni con Julie Andrews (che nel frattempo fece Mary Poppins e vinse la statuetta) che portarono a sminuire la sua perfomance (qualche anno fà Emma Thompson forse anche per pubblicizzare il suo tentativo di remake del film in chiave femminista, denigrò Audrey Hepburn come attrice). Per quel che posso dire io umilmente, forse è vero che nella prima parte Audrey Hepburn cerca un pò troppo l'effetto da faccia buffa e l'urlo acuto per inscenare la comicità (ma quanto dipende da lei e quanto dalla direzione di Cukor non saprei dire); però devo comunque dissentire da certe critiche concernenti il fatto che l'attrice non sia realisticamente credibile come stracciona; poichè non hanno ragion d'essere e le ragioni sono molto semplici :
- My Fair Lady è una variante di Cenerentola e costei pur essendo coperta di cenere e stracci, era comunque bella, solo che giustamente non era valorizzata dalla sua condizione.
- Il musical classico (anche West Side Story che era di ambientazione contemporanea), non ha mai in alcun modo avuto pretese di realismo.
Ci sono anche critiche al suo accento Cockney, ma sinceramente non saprei dire se fondate o meno. Cito questo perchè vi fu una feroce disputa in proposito e per dirimerla chiamarono addirittura un linguista che disse che lo trovava l'accento dell'attrice perfetto (nonostante questo al giorno d'oggi alcuni se ne lamentano ancora). Comunque, dopo che entra in casa del professor Higgins e al suo arrivo ad Ascott, credo sia assolutamente incriticabile, visto che l'attrice impersona il suo ruolo con grazia ed eleganza, cercando di non strafare mai o di strabordare nell'utilizzo della sua innata bellezza. Emblematico di ciò è l'arrivo all'ippodromo dove indossa un magnifico abito bianco (fà lo stesso di Marilyn Monroe nel treno in a Qualcuno Piace Caldo di Billy Wilder... in pratica è da collasso per lo spettatore maschile... troppo illegale) e pur essendo certa e sicura degli insegnamenti acquisiti, mostra comunque un fragile ed incerto disagio nell'andamento, sintomo di una prestazione attoriale umile quanto perfettamente calibrata. Per il resto non avrei null'altro d'aggiungere, se non segnalare come l'attrice azzecchi sia i tempi della battuta (fà schiantare dal ridere all'ippodromo) grazie al suo tono di voce e alla sua naturale espressività, sia i momenti più drammatici ed intensamente emotivi quando la parte lo richiede.
In sostanza, se vi sono difetti nel film non sono da ricercarsi nell'attrice protagonista.
Concludendo la disamina sul film che posso aggiungere più? Un vero e proprio kolossal che all'epoca venne nominato per 12 oscar e ne vinse ben 8 (tra cui miglior film, regia e miglior attore protagonista). Nel clima d'odio fomentato dalla stampa contro Audrey Hepburn, ella non venne neppure nominata; in sostanza l'ennesima cantonata dell'Academy che invece di prendersela con il vero responsabile (cioè Jack Warner), ha deciso di punire una donna che non ha mai detto una parola cattiva contro nessuno e che in tutto questo non si vede che colpe abbia (ma si sà, è facile fare la voce grossa con i deboli e sottomettersi come pecore innanzi alle persone potenti con i soldi, perchè se vi fosse stata una giustizia Jack Warner non avrebbe dovuto vincere). C'è da aggiungere inoltre che quell'anno meritava il premio il film Dottor Stranamore di Stanley Kubrick, sia per miglior film che per miglior regia.
Tirando le somme, credo che nonostante sia un film un pò trascurato al giorno d'oggi (ma nei paesi anglosassoni il film in questione ancora oggi ha un numeroso seguito; il critico Roger Ebert gli ha assegnato 4 stelle e messo tra i Great movies), sia assolutamente un film da vedere e per nulla datato; anzi, presenta una quantità abnorme di sottotesti interessanti e sia mai che qualche giovane spettatore che lo veda non constati amaramente come nonostante oggi l'istruzione e la cultura sia abbastanza accessibile a tutti, vi sia un colpevole livellamento sociale medio verso il basso. Ricordate sempre, che una persona ignorante è facile preda di chi sta più in alto; perciò prendete esempio da questa Eliza Dolittle così che possiate abbattere i tanti Higgins che vi sovrastano dall'alto verso il basso per via della vostra condizione di ignoranza.
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