Si diceva l'altro giorno, commentando il film di Tommy Wirkola di come anche un festival cinefilo come quello di Locarno si fosse aperto senza remore al cinema di genere. Neanche il tempo di finire la frase e il concorso internazionale mette in circolo il suo film più provocatorio e sperimentale, presentando al pubblico "A Boas Maneiras", horror brasiliano firmato dai registi Juliana Rojas e Marco Dutra. Una delle particolarità di questo lavoro deriva dal fatto che il tema della licantropia con cui devono vedersela i personaggi della storia sembra riversarsi sulle forma di un lungometraggio destinato a cambiare pelle più volte nel corso della proiezione. Così, se all'inizio il nodo della questione sembra celarsi nell'ambiguo rapporto tra Ana, ricca borghese in dolce attesa e la sua bambinaia rimandando a film come "L'albero del male" di William Friedkin e "La mano sulla culla" di Curtis Hanson, a seguito della terribile scoperta il film tracima nel fantastico, con rivelazioni e tragedie che ribaltano le gerarchie dei personaggi, consegnando la vicenda alla ferocia animalesca della mostruosa creatura.
E qui ci fermiamo, un po' perché è impossibile tenere testa ai detour della trama senza rovinare la sorpresa provocata molti colpi di scena che attendono lo spettatore, un po' perché gli scarti narrativi a cui è soggetto "A Boas Maneiras" ci inducono ad aprire un altro tipo di discorso, e a parlare di come la paura indotta dalla visione della morte sia per buon parte annullata da una messinscena fortemente stilizzata e volutamente artificiosa (dai fondali disegnati che riproducono l'ambiente esterno alla fotografia dai colori iperreali), la quale, oltre a sabotare le fondamenta del genere di riferimento, spalanca le porte a una narrazione dominata da una tensione melodrammatica conseguente al tentativo della protagonista di salvare (ancora una volta sovvertendo le regole di genere) la nefasta progenie dalle conseguenze delle proprie azioni. Parliamo dunque di un film camaleontico e irriducibile, disposto addirittura a diventare musical pur di sfuggire a categorizzazioni che mai come per "A Boas Maneiras" risultano inadeguate a sintetizzarne i tratti più salienti. Intriso di un erotismo (lesbo) conturbante e mortifero e non esente da uno sguardo critico sulla società e sulle sue istituzioni (su tutte la Chiesa e i suoi ministri, al primo posto sul banco degli imputati) "A Boas Maneiras" entra nella lista dei possibili vincitori del premio finale.
(pubblicato su ondacinema.it/speciale festival di Locarno 70)
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