-Apostolo. voto ***1/2
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Ad inizi '900, una lettera disperata scritta da una ragazza scomparsa da casa misteriosamente, porta suo fratello a mettersi sulle sue tracce, presso una comunità religiosa auto-confinatasi presso una isola fino a poco tempo prima deserta attorno all'arcipelago britannico. E' disposto a pagare un riscatto col denaro paterno ricevuto, ma il ragazzo intende intrufolarsi nella vita del villaggio e sottrarla di nascosto per riportarla alla vita dalla quale è stata allontanata a forza.
In loco, scoprirà che la comunità è al servizio di una spietata divinità dai poteri ultraterreni, e che tutto in quelle terre isolate dal mare dipende dalle sorti di quella potente essenza vitale, che dà vita, ma ne richiede altre in cambio per procurarsi le necessarie energie.
Attendevamo con ansia il ritorno in regia dell'ottimo regista di origine indonesiana (ma dall'aspetto molto "all american boy") Gareth Evans, salito alla ribalta con i due esaltanti capitoli della concitata saga The Raid con Iko Uwais.
Qui si cambia aria, oltre che radicalmente ambientazioni (e protagonista, registrando per la prima volta l'assenza di Uwais, improponibile nel contesto storico e geografico di questa ultima fatica), in un horror a sfondo storico che sa affascinare ed avvincere, almeno a tratti.
Arroccato tra i meandri di una società composta per lo più da invasati religiosi, da individui psicologicamente poco stabili, e da una cricca di impostori-naufraghi che hanno saputo cogliere l'opportunità di un'isola che li ha accolti nel momento della massima difficoltà, ponendoli di fronte ad un bivio cruciale, Apostolo utilizza l'approccio thriller per dipanare poco per volta e con cauta accortezza tutti i segreti più profondi che stanno dietro al principale segreto su cui poggia tutta la comunità.
E poggia scientemente la propria forza emotiva nel descrivere, ancora una volta, come lo strumento religioso possa essere il tassello più consono, strategico ed efficace soggiogare e deviare menti e comportamenti verso azioni e scelte in grado di portare beneficio a pochi, esaltando quel senso di colpa che spinge l'uomo a mettere da parte la ragione a favore di una devozione spesso rivolta verso personalità come in questo caso doppiogiochiste e truffaldine.
Il film si fa forza di una valida tensione crescente che, mista ad afflati eretici e ad una deriva gore che trova spazio con lo svelamento progressivo della verità, contribuisce a dare ritmo e valido risvolto narrativo alla storia.
Evans, qui sorretto dalla valida interpretazione di Dan Stevens, efficace e con l'occhio diffidente reso luciferino dalle tetre circostanze, nel ruolo del teso ed emotivamente compromesso protagonista, e coadiuvato dal valido apporto recitativo di Michael Sheen, ci spiazza con questo ritorno attraverso un horror in costume, ma in fondo riesce anche a convincerci, seppur senza esaltarci come era successo, in particolare, nel secondo, meraviglioso capitolo del dittico The Raid.
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