Espandi menu
cerca
Woodshock

Regia di Kate Mulleavy, Laura Mulleavy vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mck

mck

Iscritto dal 15 agosto 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 207
  • Post 137
  • Recensioni 1157
  • Playlist 323
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Woodshock

di mck
8 stelle

The joy of joint: dalla canapa alla canopia: dream, baby, dream: forever.

T(h)ree(s) : “WoodShock” - “Undir Trénu” - “Alberi”.
1.1 - “A Scanner Lightly” : sequoie, Cannabis e sottovesti (lino, seta, cotone).

 


«Che il mondo non sia la quintessenza di un’eterna razionalità si può dimostrare definitivamente con il fatto che quella parte del mondo che noi conosciamo – e cioè la nostra ragione umana – non è eccessivamente razionale.»
Friedrich Nietzsche – “Umano, Troppo Umano - un Libro per Spiriti Liberi” (Volume Secondo - Parte Prima) – 1878-'80

 


Il film.
Le farfalle e le falene alla scabiosa e alle orchidee lepidotter-esche preferiscono il sudore e la panna, e lei, biondo lattea, si sveglia sporca di terra, schizzata di sangue altrui mesciato al suo ed escoriata nel roseo derma dalle avventure notturne.

 


Che “WoodShock”, speculum sprofondante nella paranoia e stetoscopio sondante la follia, cum granu THC, in cui la dimensione estetica si trova in perfetto (p)e(rché) precario equilibrio col discorso sociale, attraverso la messa in scena di una placida, perturbante, flemmatica, rutilante vertigine di miraggi carnescialeschi e di reversibili sembianze d'anime, opera prima nel lungometraggio delle sorelle Kate e Laura Mulleavy, le "stiliste di Michelle Obama", marchio Rodarte, da loro scritta e diretta, e creatura figlia tanto loro quanto della protagonista e produttrice esecutiva Kirsten Dunst, corpo perfetto sul quale ogni indumento pare stretto, sia/possa esser stato vittima di un accanimento critico "sospetto" (ovvio: riscontrare questo atteggiamento e affibbiargli un tale aggettivo già è una presa di posizione di contrattacco e difesa) è certo, ma poco deve calére (se non collateralmente, nell'ambito di un'indagine sulla critica e non sul film) durante il compito dell'approcciarsi al film, e quel minimo interesse dev'essere impostato verso la più aperta e al contempo la più insidiosa (perché “pura”, ma nient'affatto ingenua e per nulla inutile) delle domande: “E se gli altri avessero ragione mentr'io torto?”.

 


Da “Vertigo” a “the Vvitch”, dallo sdoppiamento [sogno/allucinazione/ricordo/pre-sentimento contro realtà e (s)maschera(mento) di sé] alla levitazione (dal cimitero d'alti fusti resegati e decortecciati alle braci del punto di combustione e cenere degli spinelli, dalla quotidianità del sottobosco di canapa indiana resa marijuana al climax della canopea di Sequoia sempervirens e Sequoiadendron giganteum), sinonimie stilistiche e non contenutistiche s'affacciano sulla superficie del percettibile sfiorando e penetrando i recettori sensoriali più suscettibili e facilmente titillabili, stimolabili e sollecitabili (analogie, similitudini, allegorie, metafore: gli occhi e le orecchie, a pelle, se ne imbibiscono, macerandosi nell'allure della messa in scena), passando per David Lynch ("Twin Peaks 3 - the Return") e Atom Egoyan, "PicNic at Hanging Rock" e "WalkAbout", il "Cat People" schraderiano e NWR™©® , implodendo, precipitando e collassando nello scanner darkly dickiano e comunicando a distanza, questa volta non per stile e forma ma per parte di contenuto e sostanza, con un'altra opera prima, nostrana, il “Miele” di Valeria Golino (“Do you think you can go through with it again?” - “Pensi di poterlo fare/che potresti farcela di nuovo/ancora/un'altra volta?”), virandola in fiele, e conservando un elemento di umanità: “You Make Me Sick!” - puntando il piede in linea retta con l'estensione completa della gamba tesa a fermaporta: ossa, muscoli e tendini a far da puntello contro un ulteriore disastro percepibile tra gli strati d'annebbiamento mentale che desume e previene altre atrocità - “I Don't Want to Hurt You”.

 


Lei, sua madre e quattro maschi all'appello. Ne sopravviverà il 33,33% periodico.
Non accettate, mai, una canna da Kirsten Dunst (ed ecco un altro sogno erotico che se ne va).

 


Then came California / where I first saw open water
In the land of opportunity / I knew I was getting hotter
I knew I was getting hotter

But the neon lights and the endless nights, they took me by surprise
The doctor gave me valium / but I still couldn't close my eyes
I still couldn't close my eyes

Then came paranoia / and it ran away with me
[...] And my head did explode
My head did explode...

Neil Young - "HitchHiker" - 1976/2010 ("HitchHiker" / "Le Noise")

 


Copulanti cromogeni e sonogeni, mitosi somatica e meiosi filmica.
Fotografia al contempo patinata e carnale, dai colori tanto acidi e saturi quanto satinati e traslucidi come pliche cutanee sebacee e palpebre cispose, di Peter Flinckenberg [“Betoniyö” (Concrete Night), e regista di “To Siberia, With My Love”].
Montaggio di Julia Bloch (“In the Radiant City”, e collaboratrice di Jeremy Saulnier per “Blue Ruin”, “Green Room” e “Hold the Dark”) e Dino Jonsäter (“Lasciami Entrare” e “Tinker Tailor Soldier Spy” di Tomas Alfredson, ed “Euphoria”).
Ambientazione del charliekaufmaniano K.K.Barrett (“Being John Malkovich”, “Adaptation.”, “Where the Wild Things Are” ed “Her” per Spike Jonze, “Human Nature” per Michel Gondry, “Lost in Translation” e “Marie Antoinette” per Sofia Coppola, e “I ♥ Huckabees” per David O. Russell).

 


"Ladies and gentlemen, the RoadHouse is proud to welcome…"
Musiche originali del compositore ( e jonathanglazeriano produttore-supervisore-arrangiatore-consulente musicale di “Sexy Beast”, “Birth” e “Under the Skin”) Peter Raeburn, e canzoni di Gary Numan, the Feelies, Super 5 Thor, Galaxie 500, Yoko Ono, Television, Wire, e Suicide (Martin Rev & Alan Vega) con “Dream Baby Dream” del 1979 (recentemente utilizzata da Adam Curtis in “HyperNormalisation”).
Produzione del ridleyscottiano Michael Costigan (“Prometheus”, “the Counselor”, “Stoker”, “Out of the Furnace”, “A Bigger Splash”, “Ghost in the Shell”), etc… Distribuzione (U.S.A.) della lanciatissima A24.

 


Casting della grande Avy Kaufman.
Kirsten Dunst ("InterView with the Vampire", "the Virgin Suicide", "Spider-Man 1/2/3", "Eternal Sunshine of the SpotLess Mind", "Marie Antoinette", "Melancholia", "Fargo - 2", "MidNight Special", "the Beguiled") si fuma la meglio ganja medicinale legalizzata additivandola con un allucinatorio principio attivo concentrato e altri psicotropi sotterfugi aggiunti: acidi lisergici e alcaloidi morfinici, estratti d'imago oniriche e traslucide ombre psichedeliche, saliva rollante, sogni/incubi, e rimorsi, ruggini, rancori, paure: anima e corpo, in un metters'in gioco di (con)fusione totale con la biomassa di concause e sempre stant'in campo doppio, prismatico, irriducibilmente irrisolutivo. 
Gli ottimi Pilou Asbæk (alias Euron Greyjoy), Steph DuVall, Joe Cole, Jack Kilmer e Susan Traylor accompagnano l'eutanasica/suicida Alice assassina nel suo Viaggio seminante steccati.

 


Wake up.
Blink.

 


Controindicazioni (a NOT true story).
Dopo l'audiovisione di “WoodShock” potreste provare uno stimolante, incontenibile ed insopprimibile impulso a recarvi da Antonioli, zona Navigli-Porta Genova, e lasciare il minimo indispensabile per non sembrare i poveri straccioni squattrinati che siete (usate la carta di credito, il bancomat ve lo tagliano seduta stante), ovvero 130 € - già scontati - per una felpa Rodarte unisex che non vi serve e vi metterà in evidenza le maniglie dell'ammmore (sempre che vi facciano oltrepassare la soglia, barboni! Io non ho di questi problemi: alla reception c'è una mia foto con la scritta: “Vietato l'ingresso - Lui qui non può entrare - Limite invalicabile: una brutta storia di manichini ingannevoli, piacenti commesse, luce troppo bassa e soffusa e inconcilianti buttafuori).

 

* * * ¾ (****)      

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati