Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
Durante una festa una donna, medico legale, ha un’avventura con un aitante giovane; nonostante i due si diano appuntamento per il giorno seguente, non si rivedranno più: lei però, sul lavoro, rivedrà il cadavere di lui, dando inizio a un ansiogeno vortice di mistero.
Il solito Ozpetek? Assolutamente sì, ma con qualcosa di più in termini di sostanza. Al di là della consueta confezione ordinata e rifinita (fotografia di Gian Filippo Corticelli, colonna sonora di Pasquale Catalano, montaggio di Leonardo Alberto Moschetta) e dell’ingente mole di pathos che trabocca dalla storia, nella sceneggiatura firmata dal regista italoturco insieme a Valia Santella e Gianni Romoli c’è più concretezza, più solidità della media per gli standard di Ozpetek. Anche a livello logico la trama pare funzionare e i personaggi sembrano sufficientemente compiuti, nonostante una prima parte piuttosto piatta o quantomeno in apparenza prevedibile. Chiaramente non si discutono gli interpreti, soprattutto funziona la scelta della protagonista, Giovanna Mezzogiorno; al suo fianco troviamo fra gli altri Alessandro Borghi, Luisa Ranieri, Lina Sastri, Isabella Ferrari, Peppe Barra e Maria Pia Calzone, in un cast notevolmente all’insegna del femminile (ragione per cui lascia piuttosto perplessi l’assenza di Sierra Yilmaz, attrice feticcio del regista). A pochi mesi di distanza dal non riuscito Rosso Istanbul, ecco che Ozpetek si rialza in piedi con un’opera certo non priva di difetti, ma che lo vede di nuovo ispirato e capace di incantare lo spettatore. 5,5/10.
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