Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Il 10 giugno 1940 una signora, esaltata dalla notizia dell’entrata in guerra dell’Italia, ha baciato un suo domestico. Lui non ha mai dimenticato quell’episodio, che per lei non significava nulla; e dieci anni dopo, quando lei si rifà viva per chiedergli di organizzare la festa di laurea della figlia, lui si mette completamente al suo servizio. Commedia malinconica, com’è nelle corde di Avati. Al solito, Carlo Delle Piane è un puro di cuore a livelli patologici: fa rabbia vederlo così cieco di fronte all’evidenza, e addirittura godere masochisticamente che la storia rischi di ripetersi tra suo figlio e la figlia di lei; Nik Novecento è la sua controfigura giovanile; Aurore Clément è soavemente stronza. Resterebbe nella norma di Avati se non si impennasse in un finale bellissimo, che diventa imprevedibilmente un inno al cinema come trasfigurazione della vita. Nella realtà la festa è un disastro: il rinfresco è scadente, i musicisti incapaci, la vera destinataria non si degna di partecipare, e a ben guardare non c’è neanche la laurea. Ma nel filmino amatoriale girato per l’occasione, invece, tutto funziona perfettamente: gli invitati sono amichevoli e simpatici, il servizio è efficiente, la ragazza si pavoneggia con la sua corona d’alloro. E, siccome la memoria è maestra nel rimodellare il passato secondo i nostri desideri, possiamo prevedere che si consolerà cancellando la versione vera e ricordando quella falsa.
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