Regia di Gianni Da Campo vedi scheda film
L'avevo visto tanti anni fa, e me lo ricordavo bene, perché è uno di quei film che colpiscono. Ha uno stile semplice, mai enfatico, mai spettacolare, eppure intenso e a volte lirico. La prospettiva è quella del bambino protagonista, di come lui percepisce gli eventi e le situazioni attorno a lui. Essi, quindi, non vengono molto spiegati, ma semplicemente rappresentati col corrispettivo nell'interiorità del piccolo. E' un film fondamentalmente triste e malinconico, sentimenti accentuati dalla bella e delicata colonna sonora.
Il bambino soffre su due fronti, che però sono in parte collegati. Da una parte ha alle spalle una famiglia sfasciata, che lo ha allontanato proprio per questo motivo. Il padre ha piantato la mamma e si è preso un'amante, ma cerca di presentare questa situazione come giusta o addirittura positiva. Lascia senza parole quando pretende che il bambino passi le vacanze in collegio: stare con lui e l'amante no perché gli è d'impaccio, ma neppure deve andare dalla mamma o dai nonni, perché gli parlerebbero male di lui. Quindi che stia in collegio. Il giudizio di suo figlio fa infuriare l'uomo, ma non lo fa desistere dalla sua condotta.
L'altro fronte di problemi del bambino è l'incomprensione che lo colpisce nell'istituto, soprattutto da parte di un religioso, a cui manca l'amore e la sensibilità. Non fa che castigarlo, e non capisce che il piccolo avrebbe bisogno di un po' di dialogo e di affetto. Altre incomprensioni da parte degli altri insegnanti e dei compagni completano il quadro.
E' una pellicola originale e intensa, che provoca il quasi inevitabile coinvolgimento dello spettatore. Girato in provincia di Venezia.
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