Regia di James Wan vedi scheda film
Aquaman, ovvero la creatura ibrida che unisce due mondi ormai distantissimi uno dall'altro, così separati da essere considerati, almeno da una parte, frutto di una mitologia popolare vivificata da una fervida fantasia popolare.
L'amore tra un gentile e solitario guardiano di un faro (Temuera Morrison), e la regina Atlanna (Nicole Kidman) del regno da secoli sprofondato negli abissi di Atlantide, in fuga dalla sua famiglia da tempo in lotta per la successione al trono, dà vita all'individuo straordinario ed ibrido di nome Arthur (lo interpreta, con una ottima coerenza fisica ed una verve da commediante navigato, il corpulento Jason Momoa) che sarà destinato a rimettere ordine tra gli agitati oceani ed abissi, salvaguardando le sorti del regno soprastante, che gli ha dato i natali.
Dal celebre fumetto DC Comics, il regista di gran successo James Wan abbandona, almeno per il momento, i territori horror a lui assai congeniali, per dedicarsi alla celebrazione, sontuosa e frutto di una produzione ad alto budget, di un supereroe anomalo e suggestivo, re degli abissi e del popolo che li ospita.
Ne scaturisce un blockbuster concitato e rocambolesco, lungo oltre due ore e tre quarti, ma veloce e dinamico nel raccontare il complotto sottomarino legato ad una successione al trono che divide l'erede naturale, bramoso di potere oltre ogni limite morale, con quello spurio, capitato per caso e controvoglia a prendersi carico delle redini di un regno già tempo addietro afflitto da insormontabili problematiche logistico-fisiche, come frutto di una punizione divina assai determinata.
Certo la smania da effetto speciale e la tecnica della "CGI - Computer-generated imagery", se da una parte si prendono cura di ringiovanire eternamente attori di bella presenza ma anagraficamente piuttosto maturi (i cinquantenni Nicole Kidman e Patrick Wilson, tornati credibilmente ragazzini), e pure quelli decisamente maturi (il mentore del nostro Arthur, interpretato con cangiante aspetto segnato via via dal tempo che passa dal sempre valido Willem Dafoe), dall'altra rendono il prodotto una giostra rutilante ove tutto è bello specialmente all'inizio, almeno fin quando la gioia visiva finisce per assuefarsi e la nostra concentrazione diviene succube di una storia un po' meccanica che si finisce inesorabilmente per subire.
Nel nutrito cast pure il granitico Dolph Lundgren, nel ruolo di uno dei re di un popolo degli abissi, e la bella e fulva di lui figlia Amber Heard, splendida e giovane a tal punto da non necessitare di ritocchi grafici di sorta.
Tra le molte locations di superficie che si alternano alla scenografica di base a contesto oceanico, c'è pure l'Italia e precisamente la solare Sicilia di Erice, che la grafica computerizzata stravolge e rigurgita nel suo immaginario tutto luoghi comuni, frutto di una mediterraneità convenzionale e super scontata che è quella epidermicamente concepita e desiderata dallo sguardo americano o straniero in generale, fagocitandola e rendendola fantasmagorica non meno di quel che accade all'immaginario mondo degli abissi, e permettendosi il lusso di scuotere e strattonare l'arroccato prezioso paesino e strapazzarlo a dovere, senza peraltro correre il reale rischio di intaccarlo nella concretezza dei fatti.
L'effetto luna park è garantito, ed il film, che nel suo genere non può certo definirsi una disfatta, si riduce ad un giocattolone simpatico, puerile, un po' stancante, ma quasi sempre abbastanza godibile a vedersi e a seguirsi.
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