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La forma della voce

Regia di Naoko Yamada vedi scheda film

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La recensione su La forma della voce

di lamettrie
4 stelle

Un cartone animato molto pessimistico, e ci può stare; ma che, nella sceneggiatura, rivela grossi limiti. C'è una differenza netta fra la forma e il contenuto: stupenda la forma, i cui disegni sono sopraffini, e anche le atmosfere. Ma il contenuto non è assolutamente all'altezza, né della forma né degli altissimi livelli che si è proposta: praticamente quasi tutto quel che è significativo per l'uomo. Disabilità, amicizia, amore, rapporto fra fratelli, senso di colpa eccessivi, altruismo, squilibri materni che si pagano da figli, depressione, aggressività, bullismo (tema presente, ma che non è il centro dell’opera, come pure si dice). C’è proprio di tutto: le atmosfere sono rarefatte il giusto per dare l’illusione di toccare in profondità questi temi. Ma la realtà è deludente: su tutte queste cose, il film non sa insegnare nulla, nonostante abbia le pretese di farlo. I personaggi sembrano avere un’evoluzione, ma in realtà non ce l’hanno, ripetendo in modo stereotipato il solito cliché che «è solo tutta colpa mia». Sarà vero che la società giapponese valorizza questi aspetti (ed infatti per gli psicologi è forse la più disumanizzante tra le società, e quella dove è più facile soffrire mentalmente, proprio per certi vincoli soffocanti della tradizione); ma non si può sempre ripetere le solite cose, peraltro in un film lungo (2 ore e 9), e già molto lento di suo.

La cupezza esistenziale, il piagnisteo, l’assenza di speranza, sono tratti ricorrenti di questo film, che è un vero inno alla tristezza senza sbocchi (questo è il motivo del voto insufficiente, pur tenendo conto dei grandi aspetti positivi sotto il profilo estetico). Almeno si fa capire come l’affetto sia l’unica cosa che tiene vivo un senso positivo dell’esistere; questo è il punto più lodevole, assieme alla toccante descrizione del difficoltoso universo della disabilità, e dei danni del bullismo. Tutte cose buone, assieme agli aspetti puramente visivi: che però non riescono a mitigare quel retrogusto sgradevole di rassegnazione alla depressione, attorno cui il film sembra che voglia convincere il pubblico, anche in modo morboso (pesante è il continuo rimando al suicidio sullo sfondo, e non solo).

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